Giornata Nazionale in memoria delle Vittime dell'Immigrazione

I. I. (October 03, 2016)
Sono oltre 340mila gli accessi per 91mila pazienti, di cui il 67% composto da persone immigrate, avvenuti presso l’INMP, ente pubblico del Sistema sanitario nazionale, dal 2008 ad oggi. Queste le cifre che descrivono l’attività dell’Istituto che da 8 anni si impegna, 7 giorni su 7, per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, attraverso pratiche sociosanitarie rivolte alle popolazioni più vulnerabili, italiane e straniere, e con il fondamentale approccio transculturale orientato alla persona.

Numeri che danno conto della specificità dell’Istituto che è centro di riferimento della Rete nazionale per le problematiche di assistenza in campo sociosanitario legate alle popolazioni migranti e alla povertà nonché Centro per la mediazione transculturale in campo sanitario.

Un punto di riferimento, dunque, nella sanità pubblica italiana, in grado di sviluppare un’assistenza sanitaria di carattere inclusivo, tanto da avere avuto il riconoscimento di best practice dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

E dietro i numeri, le vite, i nomi, i volti e le storie di un’emergenza umanitaria senza precedenti e di un fenomeno divenuto strutturale anche nel nostro Paese. Quella dell’INMP è una presa in carico integrata del paziente, che coinvolge infatti medici, psicologi, odontoiatri, infermieri, mediatori transculturali e antropologi negli ambulatori di Roma come a Lampedusa e, più recentemente, anche a Trapani-Milo. Qui, dal maggio 2015 - grazie a una convenzione con il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno - l’Istituto ha allestito nei rispettivi hotspot una propria equipe per l’erogazione di prestazioni clinico-specialistiche alle persone migranti sbarcate garantendo loro assistenza medico-specialistica quotidiana, 7 giorni alla settimana.

Tra i molteplici obiettivi dell’azione dell’INMP anche la comprensione e descrizione epidemiologica del profilo clinico delle persone assistite, nel continuum del loro percorso migratorio, utile alla qualità dell’assistenza erogata e alle attività di prevenzione sanitaria. Solo nel periodo compreso tra aprile e agosto del 2016, sono state effettuate circa 5mila visite mediche e specialistiche su oltre 2.900 pazienti che hanno usufruito di colloqui psicologici, interviste antropologiche e migliaia di mediazioni transculturali in lingua araba, francese, inglese, tigrina e amarica.

Perché all’INMP, la cura di chi soffre passa anche attraverso la comprensione e il dialogo, come spiega Concetta Mirisola, Direttore Generale dell’Istituto: “Per una piena presa in carico sanitaria delle persone migranti, che molto spesso hanno subìto gravi traumi nei Paesi da cui sono fuggiti o durante la drammatica traversata, è fondamentale conoscere la loro lingua, il loro universo culturale, coglierne i bisogni che sono anche inespressi, per pudore o paura. Per questo, nel nostro Istituto l’approccio transculturale e orientato alla persona si fonda anche sulla presenza di figure chiave che attualmente non sono previste dal Sistema sanitario nazionale, quali l’antropologo e il mediatore transculturale. Professionalità che nella nostra struttura parlano oltre 30 lingue per meglio accogliere il vissuto di sofferenza di chi si rivolge ai nostri poliambulatori.

Perché, anche se la maggior parte dei migranti che arriva nel nostro Paese è sana, almeno dal punto di vista fisico - continua il Direttore Generale INMP - sul piano psicologico la situazione è diversa, e sono in aumento coloro che presentano problemi di natura psichica, depressione e ansia, ferite spesso invisibili che compaiono nel tempo riportando alla mente le violenze subìte, il dramma di un viaggio rischioso, la morte di familiari e amici, la perdita di ogni riferimento. Sono episodi di vita difficili da dimenticare cui si aggiungono il trauma dell’arrivo, la difficile permanenza nei centri di accoglienza, la marginalizzazione sociale nei contesti di transito o di destinazione, spesso ostili. Su questi aspetti, la letteratura internazionale indica chiaramente che la prevalenza di patologie come il disturbo post-traumatico da stress aumenta moltissimo - fino al 60 per cento - in persone private della libertà personale, come il permanere nei Centri di Identificazione ed Espulsione, e che nel tempo le persone che hanno subìto questo trattamento avranno più sofferenza psicopatologica e saranno meno integrate di quelle che invece sono state accolte con buone pratiche.

Per questo il sistema dell’accoglienza ha un ruolo importantissimo. A tutti loro, senza prenotazioni né liste di attesa, quotidianamente prestiamo assistenza sanitaria specialistica sia negli ambulatori di Roma sia nei centri di accoglienza di Lampedusa e Trapani-Milo. Lì i nostri team multidisciplinari sono operativi anche con un medico Pediatra per l’assistenza sanitaria ai minori, accompagnati dai familiari e ai ragazzi che hanno affrontato il viaggio da soli. Perché la tutela del diritto alla salute, in particolare per categorie estremamente vulnerabili come quella dei minori, costituisce uno degli obiettivi e degli impegni sul campo dell’INMP sul fronte dell’immigrazione. Da qui i progetti ‘Assistenza sanitaria specialistica negli Hotspot’ e ‘Progetto CARE’. In particolare, CARE (Common Approach for Refugees and other migrant’s health) è un progetto internazionale finanziato dall’Unione Europea, di cui l’INMP è stato nominato coordinatore; con esso ha preso avvio la sperimentazione e l’attivazione di un protocollo per la determinazione dell’età anagrafica dei minori non accompagnati, una metodologia secondo il modello olistico che prevede la valutazione integrata socio-psicologica e auxologica nell’obiettivo di garantire il principio del migliore interesse del minore. Per loro siamo strutturati con pediatri e psicologi anche negli ambulatori di Roma, dove in questi ultimi 3 anni abbiamo visitato per consulenze specialistiche oltre 2mila minori stranieri tra i 12 e i 17 anni, provenienti prevalentemente da Eritrea, Nigeria, Somalia, Egitto e Bangladesh.

Ma nel nostro Paese gli arrivi di minori stranieri non accompagnati sono in aumento - conclude Mirisola - a conferma di un’emergenza umanitaria che necessita di azioni e sguardi solidali e inclusivi, insieme a strutture e percorsi di accoglienza minorile adeguati”.

L’impegno sul campo dell’Istituto Nazionale Salute Migrazioni e Povertà nell’assistenza sociosanitaria a migranti, rifugiati e richiedenti asilo - nella cui sede lo scorso marzo si è recato in visita ufficiale il Presidente della Repubblica Mattarella per testimoniare il comune sentire sui temi sociali e della solidarietà - attraversa i significati valoriali della Giornata Nazionale in memoria delle Vittime dell’immigrazione, istituita con legge del marzo 2016 per il 3 ottobre di ogni anno. Data scelta a fissare nella memoria una delle peggiori tragedie del mare di questi ultimi anni: il 3 ottobre del 2013 persero la vita, al largo dell’isola di Lampedusa, 368 migranti. Una Giornata di iniziative per rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel Mediterraneo - oltre 3000 solo nel corso di quest’anno - nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire a guerre, persecuzioni, violenze e povertà assoluta. Un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica, e i giovani in particolare, alla questione dell’immigrazione e sviluppare sensibilità, solidarietà e consapevolezza civica su una tragedia che si consuma giorno dopo giorno al largo delle nostre coste.

“L’istituzione ufficiale di questa data per ricordare tutte le vittime dell’immigrazione - afferma Mirisola - deve essere un momento di profonda riflessione per tutti, per il nostro Paese e l’Europa intera, per sollecitare l’attenzione sul bisogno di solidarietà civile, di rispetto della dignità umana e del valore della vita, elementi questi che nutrono l’impegno quotidiano di tutto il personale dell’INMP. L’auspicio è che questa Giornata non solo risvegli mature riflessioni sulla necessità e l’urgenza di inclusivi processi di dialogo tra differenti culture, ma possa soprattutto tradursi anche in risposte concrete all’emergenza umanitaria in atto impegnandoci tutti, ognuno per quello che può, su percorsi di accoglienza, ascolto dell’Altro e integrazione superando divisioni, paure irrazionali ed egoismi. Perché, di fronte al lungo elenco di vittime senza nome ingoiate ogni giorno dal Mediterraneo, non possiamo voltarci da un’altra parte: la responsabilità è morale, e nessuno può sentirsene escluso”.

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