The Women Workers' War, docufilm sul lavoro nelle fabbriche italiane trionfa al Workers Unite Film Festival di Manhattan

Francesca Di Folco (June 03, 2013)
Rosa Giancola, operaia di Latina, oggi consigliera della Regione Lazio, responsabile della più lunga occupazione femminile in Italia e Margherita Dogliani, titolare dell'omonimo biscottificio di Carrara che incarna lo spirito sano, illuminato e proficuo dell'imprenditore, cercano il dialogo, spingendosi ben oltre la mera logica del profitto. Il documentario è un viaggio nella realtà cruda del mondo del lavoro, nella giungla dei contratti senza valore, alla ricerca di esempi e speranze nell'altra faccia della crisi, quella fra lavoratrici che non sia arrendono, quella del coraggio e della speranza per una realtà diversa e possibile. A caldo i-Italy ha chiesto al regista Massimo Ferrari e a Rosa Ginacola di rilasciare degli interventi-intervista che, a margine del prestigioso riconoscimento, hanno gentilmente concesso

« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »  

Articolo 1 della Costituzione Italiana

Deve esser stata la solennità dell’Articolo 1 ad ispiare Rosa Giancola, ex-operaia, lavoratrice nella fabbrica pontina della Tacconi Sud, quando ha scelto di farselo trascrivere sulla schiena nuda...

Come a marcare quei principi dei quali si è sentita defraudata, a segnare quegli ideali rimasti disattesi, a forgiare simbolicamente battute che, pur facendo parte dei capisaldi della nostra Carta costituzionale, troppo spesso non vengono rispettati...

E’ l’Intensità eclatante, la Forza dirompente, il Potere della dignità Operaia, anime di tutti noi lavoratori a trasformare la storia della Tacconi Sud di Latina dalla precarietà della cassa integrazione, l’incubo di chiusura e licenziamenti, l’inferno del non-lavoro in un docu-film reality capace di puntare i riflettori sulla situazione d’impiego italiana fino a vincere il Workers Unite Film Festival di Manhattan.

Proprio nei giorni che precedono la festa della nostra Repubblica, il trionfo di un corto nostrano in quel di un concorso cinematografico indipendente sul lavoro nel cuore di Manhattan, suona come un monito, un leit motiv amaro...

Dal nostro cantuccio provinciale, local-nazionale, fin’oltre i meandri dell’internazionalità, quello del Lavoro è davvero un tema che non conosce limiti, non ammette confini...

The Women Worker's War, questo il titolo del reality, trasposizione internazionale dell’italiano Atlantis, è il documentario realizzato con il contributo della Regione Lazio, che ha ottenuto il premio come miglior documentario al Workers Unite Film Festival di New York, che ogni anno premia le migliori produzioni tra un ventaglio di proposte provenienti da tutto il mondo.

Sul palco del Greenwich Village Cinema, nell'omonimo quartiere, alla premiazione del 20 maggio è salito il regista Massimo Ferrari e gli autori Gaia Capurso e Maurizio Di Loreti che hanno lavorato per la MaGa Production in collaborazione con Thalia Group.

Il docufilm costella una storia al femminile, detta i cardini della lotta alla precarietà a tinte rosa, alza il sipario sulla storia di donne, due in particolare, che combattono ognuna a modo proprio per mantener aperta la fonte della loro sopravvivenza: la fabbrica.

La prima è Rosa Giancola, operaia della Tacconi Sud azienda di Latina, che conduce 28 sue colleghe ad una resistenza attiva e civile, occupando per 550 giorni lo stabilimento in cui lavoravano da più di 20 anni. La loro lotta nasce dopo aver ricevuto delle raccomandate di licenziamento alla vigilia di natale del 2010, senza nessuno preavviso da parte della proprietà e senza la liquidazione di tutte le loro spettanze.

The Women Workers' War segue la vita di queste donne-coraggio all'interno dello stabilimento, documentando il loro modo civile e originale di combattere la loro battaglia. Come? E’ presto detto... Rosa e compagne non vedono altra soluzione che  simile a quella degli anni ‘70: tornare a far valere i propri diritti con la forza oltre che delle parole, anche dei fatti...

Se le orecchie di chi conta sono sorde agli scioperi, ecco la presa di coscienza e la decisione più dura, più ferma, la più cruda, coercitiva: Occupazione.

Presidi, picchetti, bloccare la Tacconi Sud. Per farla Rinascere.

Ma non solo, non basta.

Obbiettivo della donne diventa anche mantenere in vita i macchinari dopo l’abbandono dei proprietari...

Per far capire che l’impegno può e deve esser propositivo, e positivo, per non gettare nel vuoto 20 anni di lavoro, per dare il segno incisivo di una realtà dove è possibile volendo, re-investire, le donne della Tacconi Sud s’impegnano fino a trovare nuovi acquirenti...

Rosa ha tenuto scritti dell’occupazione su Facebook, spunti, ricchi di riflessioni e pensieri, diventati una sorta di diario di bordo pubblico della nostra crisi, dalla cabina occupata del Titanic in cui sembra di vivere nella follia dell'ideologia d'impiego di questi ultimi anni...

"Mi chiamo Rosa Giancola, sono un'operaia della Tacconi Sud. Questa è la seconda notte di presidio all'interno della fabbrica. La prima è passata in bianco, con lo sguardo sempre verso il cancello per paura di uno sgombero con la forza.

Insieme a me le colleghe, qualcuna parla con il figlio più piccolo e, solo come una mamma sa fare, spiega a quest'ultimo perché “la mamma non dorme a casa stanotte”. Si salutano dandosi il bacio della buonanotte per telefono.

Non avevamo mai ascoltato la nostra fabbrica di notte: un silenzio irreale avvolge il luogo dove ogni giorno per 19 anni abbiamo lavorato e condiviso le nostre vite.

Siamo qui nella speranza che questo gesto pieghi l'incuranza e la strafottenza del nostro datore di lavoro ai suoi doveri di persona per bene!

Siamo qui nella speranza di non essere dimenticate(...)penso se riusciremo a resistere, se e per quanto tempo, e se non sarà stato inutile tutto questo.

Affido queste righe a facebook, e le dedico soprattutto alle mie colleghe.

Dedicato a tutte le donne coraggiose".

 
Estratto dai diari di Rosa Emilia Giancola, operaia Tacconi Sud (20 Gennaio 2011)

Con queste parole dritte al cuore e poi con una serie di riflessioni e racconti quasi quotidianamente Rosa ha documentato e dato senso alla sua esperienza, balzando agli onori della cronaca anche grazie all’attenzione della televisione italian nelle cui trasmissioni di approfondimento come Anno Zero di Michele Santoro e Piazza Pulita di Corrado Formigli, è stata più volte ospite per raccontare la sua esperienza e la sua idea in merito al periodo che stiamo vivendo.

Quello della Tacconi Sud non è solo la storia di un presidio: come tutte le vicende umane si trasforma in dinamiche di vita che si intrecciano lasciando spazio a confronti, dibattiti, scambi di idee tra le operaie stesse che divengono compagne di vita, forgiatrici delle proprie esistenze, sorelle condividenti la stessa battaglia che diventa motivo di crescita umana, personale ed intima...

Le donne tra loro son capaci di solidarizzare e creare compaggini difensive vicendevoli, anche in settori inaspettati...                                                                                                                                                    E tra lavoratrici e lavoratori illuminati si va anche al di là delle differenze di genere, non esiste più l’antitesi uomo-donna...    
Operare, collaborare, unire le forze per affrontare casse integrazioni, licenziamenti, crisi e recessioni economiche, altera le discrepanze legate alla dicotomia che vede titolari di ruoli di comando opporsi ai lavoratori...

Perchè quando le dinamiche d’impiego lavorano per migliorare la vita degli operai tra questi e i Padroni, non ci sono più diversità, ma similarità di vedute per la costruzione di un Bene Comune chiamato LAVORO ...

Ecco che quello delle fabbriche è un microcosmo nel macrocosmo, coinvolgente mondi, settori ed ambiti d'impiego affini per problematiche, universi che condividono necessità simili, realtà d’imprese parallele che, nelle avversità si avvicinano: i 550 giorni di presidio della Tacconi Sud attirano l’attenzione di un’altra donna, solo all’apparenza ideologicamente lontana e professionalmente distante...

L'altra protagonista di The Women Workers' War è Margherita Dogliani, titolare della industria dolciaria Dogliani di Carrara.

Imprenditrice illuminata, la Dogliani decide di seguire un modello d’investimenti ispirato ai principi espressi da Simone Wiel...

La filosofia di vita lavorativa è tutto un programma: la manovalanza è vincente solo se supportata dal confronto con la cultura, perchè la forza-lavoro sia procreatrice si deve investire nel Sapere e la classe operaia dà il meglio di sè solo se accanto ad ogni catena di montaggio, c’è un’Università del Saper-fare...

Margherita intesse rapporti civili con i propri dipendenti: alle lavoratrici ed ai lavoratori viene data la possibilità di frequentare laboratori culturali, partecipare ad attività ricreative, cimentarsi nell'organizzare festival...

Rosa e Margherita si incontrano, dapprima su Facebook, dove Margherita legge ed apprezza il diario di Rosa, poi ognuna visita la fabbrica dell’altra, dando spazio alla contaminazione di Saperi: dall'incontro delle due nasce il confronto tra diverse esperienze, con conseguenti spunti per riflessioni e sensazioni...

"Questa fabbrica sforna dolci e produce pensiero" è la scritta che campeggia all'ingresso dello stabilimento di Carrara, uno slogan che scandisce in modo eloquente modus operandi  e Volontà Alte di Margherita.

Quali sono lo si evince dai passi più toccanti dell’imprenditrice di Carrara in The Woman Workers' War...

Per Margherita Dogliani è necessario “Dimenticarsi dello spread, del Pil, del Capitale… del Profitto da giungla...”

“Comprendere bisogni, necessità e esigenze dei lavoratori significa averne a cuore il Benessere, e dar vita ad una crescita umano-professionale continua”...

“Mettere al centro gli uomini e le donne, valorizzandone differenze, pregi, virtu, incentivare gli interessi”

Proprio quando Rosa Giancola visita la fabbrica della collega di Carrara arriva la notizia della vittoria, la Tacconi Sud è salva...

I diari di Rosa Giancola alias il Capitano da una parte e le dichiarazioni di Margherita Deaglio dall’altra, due facce della stessa medaglia...

Lavoratrici leader nei propri settori, l’operaia pasionaria e l’imprenditrice lungimirante, reagiscono in modo virtuoso e non convenzionale alla crisi economica che ci attanaglia...

Entrambe pongono tutto sulla Bilancia della Moralità...                                                                              Attribuiscono la leva scatenante della degenerazione lavorativa nella decadenza Umana che stiamo vivendo...                                                                                                                                                              Il non-rispetto della Legalità è il principio primo, imperante delle dinamiche burocratiche basate sul mero iper-guadagno sfrenato a tutti i costi...

“Non è il Mercato del lavoro ad esser in crisi, non solo l’Alta Finanza a disintegrare prospettive d’impiego future e l’Economia Globale a defraudare dal lavoro”.

La Deaglio è lapidaria...

“La vera instabilità è data dalla condizione Umana, è da qui che bisogna ripartire”...

Il Capitano-Rosa Giancola asserisce in una delle scene più taglienti di The Woman Workers' War che la sua "busta paga è di appena 1050 euro a quanto corrispondono in termini di ritorni sessuali? Forse ad una toccatica, ad una palpatina"...

"Noi non siamo veline, ma viviamo nel paese Reale con i quale ci confrontiamo tutti i girni e vogliamo esser trattare come si conviene a Donne Lavoratrici". 

"Onorando il nostro mestiere. Con Dignità. Rispetto!" 

A caldo i-italy ha chiesto sia a Massimo Ferrari, regista di The Workers Woman War, che a Rosa Giancola di rilasciare interviste che, a margine del prestigioso riconoscimento, hanno gentilmente concesso.

Intervista a Massimo Ferrari

Il 20 maggio tu da regista e gli altri autori avete vissuto l'emozione di un riconoscimento internazionale tutto newyorkese...


Che accoglienza ha avuto The Woman Workers' War sul palco del Greenwich Cinena, nell'omonimo district al Worker Unite Film Fest? 

Dalla distribuzione Italiana ne è in programma anche una negli States?

Il 12 con la presentazione e il 20 Maggio abbiamo avuto la notizia di aver vinto con il nostro The Women Workers' War il premio come miglior documentario al Workers Unite Film Festival di New York.

E' stata una grandissima gioia, soprattutto ripensando al lungo iter per arrivare la compimento del documentario, autoprodotto da MaGa Production e co-prodotto poi insieme a Thalia Group che è entrata nel progetto per la post-produzione.

Un anno e mezzo di riprese, tre mesi di post-produzione, un lavoro davvero impegnativo ma ricco di emozioni, che ci ha portato fino alla vittoria americana. 
Il documentario ha una distribuzione che crede molto nel progetto, la GAeA, e speriamo che possa trarre dalla vittoria la giusta spinta per proseguire il suo cammino.

 

Hai vissuto questa avventura umana che ti ha investito in primis come spettatore, condividendo emozioni, sensazioni e stati d'animo "da vicino" e, sotto il profilo professionale, ti ha certo impegnato come regista... 

Quanto il coinvolgimento della tematica sociale per eccellenza, l'esigenza del lavoro, ha condizionato scelte di stili, modalità  e tecniche di ripresa?

E' stata un'avventura umana prima ancora che professionale, in cui siamo partiti senza sapere bene come sarebbe andata a finire, credendo fortemente nella validità e necessità di raccontare queste storie.
Tutto è nato dall'idea di Mara De Longis e Federica Miraglia, due amiche mie e di Gaia Capurso, co-autrice e produttrice del documentario, che ci hanno ci hanno segnalato la vicenda della Tacconi Sud e  suggerito di leggere i diari di Rosa su Facebook...         

La lettura dei diari e poi la conoscenza personale delle lavoratrici ci hanno confermato l'intensità dei fatti, la levatura morale della questione, e il valore universale del difendere il Lavoro... e prese piede l'intuizione iniziale: dovevamo filmare, riprendere, immortalare quei momenti di lotta operaia...
E senza sapere ancora bene se ne avremmo tratto un' intervista, un servizio tv o un documentario...

Coadiuvati dal Centro Studi Tomassini di Latina, abbiamo pensato che valeva la pena ragionare su un vero e proprio docufilm e pensato al modo in cui sviluppare le storie per dare maggior valore al tutto...

Ricordi una inquadratura, uno spaccato, una frammento di vita in particolare che avresti voluto immortalare ma che, riflettendo, hai preferito lasciare all'intimità delle lavoratrici e, al contrario, un frame d'intensità d'impatto emotivo che hai voluto catturare nel docu-film?

Ovviamente la mia attenzione è sempre stata quella di rispettare l'andamento reale dei fatti, che filmavamo proprio nel momento in cui avvenivano, interpretandoli però attraverso le sensazioni e le emozioni delle protagoniste, in special modo di Rosa.

Per cui abbiamo seguito il continuo alternarsi di emozioni, le delusioni, le gioie, le speranze, la disillusione...provando a fermarle attraverso le riflessioni a voce alta o i silenzi non meno espicativi della Pasionaria, Rosa il Capitano...

 

Il mio obiettivo sin dall'inizio non è stato quello di fare un documentario "di denuncia", perchè mi sembrava che potesse essere poco interessante, qualcosa di simile a tante cose purtroppo già viste ed ascoltate, avevo la sensazione che potesse essere meno di impatto rispetto alla portata di un documentario in grado di entrare all'interno di una ferita, che tutti stiamo vivendo sulla nostra pelle all'interno di questo Titanic in cui sembra essersi trasformato il mondo del lavoro senza più certezze.
 

La storia di Margherita entra nel documentario proprio in risposta all'esigenza di capire se esista un modo diverso di rispondere alla crisi, se sia possibile e applicabile. La realtà di Margherita Dogliani e della sua "fabbrica che sforna dolci e produce pensiero" a Carrara conferma che la crisi che stiamo vivendo è forse soprattutto una crisi morale e di prospettive. Rosa e Margherita si incontrano e il documentario trova un epilogo inaspettato e davvero straordinario...

Dalla realtà pontino-romana, comunque facente parte della sfera nazionale a quella internazionale. Avevi già lavorato per una produzione poi sfociata in ambiti e contesti esteri?

Prima di questo lavoro avevo lavorato molti anni a Cinecittà, dove ero stato anche responsabile del settore documentaristico proprio insieme a Gaia Capurso con la quale poi abbiamo fondato MaGa Production.

Ho firmato molti documentari per Sky Cinema sui grandi del cinema italiano quello su Totò ha aperto un festival proprio a New York nel 2005 e una docu-fiction di 80 puntate sulla Dolce Vita.
Poi ho realizzato una serie per Vite Straordinarie in 0onda su Mediaset, sui grandi dello spettacolo, prima di produrre e realizzare per MaGa Production una docu-fiction su uno scandalo della sanità pubblica laziale "Lady Asl" uscito in dvd a Roma e Provincia.

Poi molti altri lavori per Rai News e una docufiction sulla storia di Armando Picchi, capitano dell'Inter di Herrera anni 60, che ha vinto due premi al FICTS , Festival internazionale del documentario sportivo nel 2011.  

Quali sono le principali somiglianze e/o differenze, se esistono o, tra parametri filmici italiani  e quelli statunitensi?

Nei budget della produzione e distribuzione... Limitati, ristretti e corcostritti quelli italiani...

Negli States ci sono ben altri standard: si fanno investimenti copiosi, pubblicità onerose, campagne galattiche che sono sotto gli occhi di tutti, insomma non si bada a spese... 

Intervista a Rosa Giancola

Donna operaia, consigliera eletta alla Regione Lazio, "attrice" interprete del ruolo più importante: te stessa alle prese con il problema per eccellenza, il lavoro... 

Ruoli di spessore anche per una soprannominata "la Pasionaria" o "il Capitano"...

 

In quale di questi ti rispecchi, identifichi e vedi meglio?

Cerco sempre e solo di assomigliare a me stessa...

Sono poi i contesti che suggeriscono i ruoli...

Non mi riconosco "a prescindere" in nessuno di questi... li ho tutti percorsi perché in certi momenti della mia vita ho trovato giusto incarnarli appieno.

Vale il principio d'emergenza in fisica, un po' come la formazione di un tornado che non esiste di per sé, ma dipende dall'aggregazione di particelle tra caldo e freddo e lo generano...

Parafrasando e giocando sulla metafora, alcuni spettacoli nascono senza copione nascono proprio dal contesto, interpretandolo senza rigidità, in maniera flessibile, accogliendo quello che accade e rimandando l'immagine più giusta, corretta, quella che aveva ragione di esistere in quel momento...

Tacconi Sud di Latina. 550 giorni di presidio, il secondo più lungo nella storia italiana, primo di una fabbrica femminile. 

Complesso far riaffiorare gioie e dolori, vittorie e sconfitte, conquiste e battute d'arresto...

 

Puoi condividere comunque con noi spaccati, frammenti di quelle emozioni, sensazioni e stati d'animo: in particolare ricordi un frangente buio e un momento di trionfo, che avete provato tu e le tue compagne? 

 

Come cambia anche il rapporto tra donne, di solito in antitesi per antonomasia, che in queste situazioni, diviene sodalizio di colleghe di vita...

E' stato un anno e mezzo denso di esperienze di vita, di intensità, di vissuto, di sconvolgimento, di situazione estrema...

Dove ci si rende anche conto che una parte di intendere vari aspetti del proprio credo politico sono errati o quanto meno distorti e fraintesi da noi stessi: si cresce con una certa indifferenza rispetto alla concezione di Democrazia, che sia cioè un fatto di inerzia, non un esercizio quotidiano... 

Vivere in un Paese democratico, esercitare i diritti, mantenerli significa che noi nel nostro pensare, nel nostro operare, nel nostro fare, dovremo tutti sempre esercitarli, mai viverli in passivo, mai darli per acquisiti.

Nella situazione d'occupazione bisognava mostrare di avere ragione e far valere i propri diritti in quel particolare contesto non è scontato...

Ricordando che tali diritti hanno conosciuto storie di sofferenze nella nostra Nazione, che sono stati consolidati in decenni di lotte e guerre intestine e che sono passati attraverso il sangue delle conquiste nel Paese, dovremo riflettere sul loro esser sale del regolamento democratico. 

Essenza stessa di quella della Democrazia fin troppo ostentata...

Siamo in uno stato di Diritto. Ricordiamocelo.

Emozione negativa è stato il momento quando la Tacconi Sud è andato verso il concordato fallimentare e quando il giudice ha respinto il fallimento in molte hanno avuto un crollo emotivo e l'abbandono di alcune colleghe perché si son intrecciate anche le amicizie nate e quelle finite...

I rapporti tra donne, non diversi da quelli risentono di debolezze, fallimenti, delle dinamiche di vita...

Il momento positivo è stato il 23 luglio quando ho aperto il cancello della fabbrica e delle porte a volte si "chiudono" in un modo diverso da tutte le altre e ci si chiede: "Adesso che cosa succederà?"...

C'è la sensazione di perdita, come quando si termina un lungo viaggio, liberatoria, sensazione di lasciarmi alle spalle questa esperienza che mi ha totalmente trasformata... e molto di me è rimasto lì dentro...

Dal "rumore del silenzio" come lo chiami tu degli apparati industriali fermi, alla "fabbrica che sforna dolci e produce pensiero"...

 

In The Woman Workers' War irrompe un'altra figura femminile forte: l'imprenditrice Margherita Dogliani, titolare della Dogliani di Carrara.

 

L'incontro altera le differenze preconcette di ruoli, supera le divisioni storiche operai-padroni, scardina vecchie diatribe tra classi sociali differenti, svelando similarità di prospettive lavorative.

 

Raccontaci il confronto con Margherita Dogliani, nuova "compagna", solo all'apparenza "dall'altra parte della barricata", in realtà "schierata" con voi operaie...

Aggettivo calzante questo "illuminata", le contrapposizioni possono esistere ma dipende sempre da chi è la nostra controparte...

Margherita Dogliani è venuta a trovarmi, da imprenditrice e datrice di lavoro di una trentina di donne operaie, per capire quale fosse la nostra condizione umana.

L'esperienza che io ho tratto da questo incontro è stato l'aver scoperto che al centro di ogni azione, se c'è la relazione umana, è indifferente se si veste il ruolo di operai o padroni, se si è subalterno o se si gestisce una fabbrica...

Non è rilevante chi si è, ma come si operi nei contesti lavorativi e d'impiego: Margherita Dogliani è una imprenditrice, ma, nell'esser tale, basa i suoi rapporti sull'Umano, sul Riconoscimento dell'Altro, sul valorizzare ed apprezzare l'operato del Lavoratore, vedendo il benessere dello stesso come Valore Aggiunto che lo sproni a dare sempre il meglio...

Logiche d'imprenditoria e condizione umana. 

 

Margherita Dogliani afferma che non è solo il lavoro o l'economia ad esser in crisi: a cadere, mancare, dissolversi è l'Umanità di tutti Noi, forgiata di principi che non esistono più, infarcita solo di profitto...

Credo che la più grande svalutazione che ha colpito il nostro tempo sia un certo Nichilismo che oggettifica le persone rendendole quasi cose...

Gli individui hanno un prezzo, possono essere comprate, si possono vendere e, di conseguenza, addirittura corrompere...

Nessuno ha un valore unico...

Lei, nel suo imprendere ha messo al centro la relazione umana ricavandone non solo un clima positivo per la sua azienda facendo in modo di tradurre il tutto in un modus operandi in cui traspare la responsabilità in positivo: se i lavoratori operano al meglio, sono a proprio agio e se con soddisfazione conducono la maggior parte del loro tempo integrante nelle fabbriche tutto questo è motivo di Crescita Aggiunta... 

Primo Levi scrisse che "Se c'è qualcosa che approssima alla felicità è far bene il proprio lavoro"...

Il 40% degli Italiani secondo l'Istat incarna appieno l'esser "cervello in fuga". Ora più che mai la ricerca dell'impiego passa per il recarsi all'estero. Nel 2013 la tendenza per trovare lavoro è ad espatriare. 

 

Pensi sia questo il motivo per il quale The Woman Workers' War ha trionfato ottenendo il premio come Miglior Documentario al Workers Unite Film Festival di New York...

Il documentario si apre con il Ruby Gate, in un momento in cui l'America guardava all'Italia in uno stupore tra il comico e l'assurdo in un Paese che ha anche un notevole peso internazionale, vederlo ridotto ad una corte di burattinai e ballerine era deprimente per tutti e, a maggior ragione per gli italiani all'estero che hanno dovuto guardare quello scempio...

Il documentario ha colpito perché mentre prendeva piede lo scandalo di Ruby,-il documentario si apre con una immagine della escort e si chiude con le lacrime della Fornero - c'è tutta la parabola del Canto del Cigno del Sultano del Berlusconi che poi lascia un Paese in ginocchio...

In questo contesto, ribattezzato da me Titanic, la nave alla deriva, 29 donne stavano occupando una fabbrica: c'è tutto il senso della distanza con il paese reale... 

Infatti durante la puntata di Anno Zero, programma di Michele Santoro, mostro la mia busta paga di 1.050 euro e mi chiedo ironicamente a cosa corrisponda... e ancora oggi asserisco che forse è paragonabile ad appena una toccatina... 

Ecco la forza,l'intensità il potere del docufilm dato dalla calda attualità, negli States avranno pensato che in Italia qualcuno si sta ribellando alla parte nefasta e corrotta del Paese...

 

Zingaretti conosce la storia della Tacconi Sud, la tua in particolare e ti ha voluto nel suo listino bloccato.

Alla scorsa tornata sei stata eletta in Regione dove ti occupi di temi legati al lavoro.

 

Da leader dei comizi operai ai vertici di quelli politici verrebbe da dire...

Nicola Zingaretti crede molto nell'Umano... altrimenti non avrebbe scelto 10 storie da inserire nel listino, strumento che durante le tornate elettorali serve a metter dentro i "raccomandati", quelli che non hanno bisogno di esser votati, che ci stanno di diritto...

Lui trasforma il listino in un contenitore in cui inserisce 10 storie rappresentative della Regione Lazio, tra queste sceglie me... 

E con tutti gli equilibri di poteri ed i ricatti di voti che si possono avere in queste circostanze, lui ha forgiato una piccola Arca di Noè... ha organizzato un laboratorio dell politica che faccia crescere persone che hanno avuto esperienze totalmente diverse . A differenza del solito listino che dopo le elezioni si scioglie e tutti confluiscono in quello che ordina il capo, qui Nicola ci ha lasciato come soggetto politico, noi siamo gruppo per il Lazio.

Cosa si porta via dal mondo della politica che crolla? Per quanto ne ho potuto avvertire lui, si porta via 10 storie per ricominciare...

L'attività è libera, c'è tanto da studiare, la macchina di Regione Lazio è complessa, stratificata, a volte infangata e stagnate in nomenclature di potere che l'anno governata.

Lavoriamo a molte leggi che riguardano non solo il lavoro ma anche il diritto allo studio come coesione sociale, stiamo portando avanti diversi progetti, ce la stiamo mettendo tutta per avviare un buon lavoro...

E sperando di avere il tempo necessario perché l'angoscia La paura è che l'emergenza detta i tempi della progettualità, contrario del progetto è la fretta... Il progetto ha bisogno di decantarsi e si convive tra una riunione dalla quale sono appena uscita di lavoratori in difficoltà e l'altra dove magari parlo di un progetto...

Emergenza e progettualità vanno insieme, si evolvono di pari passo e si deve gestirle entrambe...

Si hanno più responsabilità, accompagnata anche dall'impotenza, non si ha mai la certezza di riuscita.

Speriamo di ottenere ciò per cui dibatto e combatto..

Se Rosa Giancola non avesse vinto al sua battaglia per la riapertura della Tacconi Sud dove sarebbe ora?

Avrebbe terminato gli studi, mi mancano pochi esami al triennale, ma sono una studentessa modello, dunque trovo disdicevole prendere un 28 e avrei finito il percorso universitario augurandomi che questo investimento mi avrebbe condotto su strade soddisfacenti...

Nel guardarti indietro rifaresti tutto? 

Ci vuole un certo grado di follia per far certe cose: 550 giorni di presidi, picchetti ed occupazione di una fabbrica non sono uno scherzo... 

Non esistono modalità preordinate di vita, standard preconcetti nell'esistenza d'ognuno, tanto meno cardini di ragione da seguire con l'ostinazione dell'esattezza...

Si certo, sono soddisfatta del mio operato e degli esiti ottenuti: rifarei tutto come l'ho fatto, ma queste cose non si programmano, né pianificano, si fanno al di sotto della soglia della coscienza del momento, si vivono con la forza e l'intensità della passione perché solo di questa in realtà si nutrono...

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