Start Up di New York, guida per la “Death Valley” delle start up italiane

Luca Martano (July 06, 2013)
In occasione della presentazione del libro “Tech and the City” presso l'Istituto Italiano di Cultura a New Yrok, alcuni esperti del settore analizzano il modello di successo delle startup newyorchesi, il quale può essere emulato anche dalle aziende italiane.

La crisi economica che sembra non voler allentare la sua presa sull’Italia, può essere combattuta solamente grazie ad una nuova politica nei confronti dei giovani, creando nuovi posti di lavoro. Ma come è possibile dare un futuro ai giovani in Italia? Facilitare la nascita e la crescita di nuove imprese - le startup - nelle industrie del futuro, quelle tecnologiche, può essere una ricetta; ricetta che è stata applicata della californiana Silicon Valley, la culla di Apple e Google e può essere la soluzione di molti problemi: siamo di fronte, infatti, ad un successo che tutti vogliono imitare.

E’ possibile, però, replicare una Silicon Valley in Italia? In questo senso, New York è il caso da studiare, un modello di volano per lo sviluppo, perché sono diventata la nuova capitale mondiale delle startup: sta attraendo capitali e talenti da tutti i Paesi, creando posti di lavoro e ricchezza a un ritmo maggiore che nel resto d'America.  Questo è uno dei punti più importanti del libro “Tech and the city”, pubblicato da Maria Teresa Cometto, giornalista residente a New York e Alessandro Piol, investitore nel campo hi-tech.
 

In occasione della presentazione di quest’opera i due autori hanno avuto l’opportunità’ di confrontarsi su alcuni temi dell’economia attuale con: Maurizio Arienzo, presidente e CEO di Nova Ware, Craig Gotsman, direttore del Technion-Cornell Innovation Institute, Carlton Vann, direttore della Division for International Business e Vito Racanelli, Staff Writer, Senior Editor di Barron's, un settimanale finanziario di Dow Jones.

Il punto centrale di questo incontro è stato quello di cercare di capire se un modello vincente come quello delle startup che stanno nascendo nella Grande Mela, può essere esportato anche in Italia. Diverse startup italiane stanno aprendo sedi a New York per espandere globalmente il loro business e cercare finanziamenti – fra le altre, FitBark, HyperTV, PhotoSpotLand -, mentre TalentGarden, un network di spazi di co-working attivo in sette città italiane, sta facendo domanda per uno spazio a downtown Manhattan che sarà disegnato per accogliere in particolare startup europee.

Anche le autorità e i legislatori italiani stanno cercando di far leva sul nuovo fenomeno delle startup per rilanciare l’economia: il governo Monti aveva approvato la legge per facilitare la vita delle nuove aziende innovative e la Consob (prima della SEC) ha proposto il regolamento delle piattaforme di crowdfunding. Purtroppo tutto questo però non è ancora sufficiente.
 

La difficoltà nel reperire fondi nel nostro paese, comparata a quello che succede negli Stati Uniti e a New York, è ancora troppo alta. Se, infatti, in America si può cominciare ad aprire un’azienda anche solamente con un computer ed una scrivania, in Italia bisogna avere le spalle coperte da un “angelo” che sia disposto a coprire l’investimento iniziale. Nel nostro paese c’e’ poi una forte pressione del governo, il quale controlla più del 50% delle compagnie; problema questo che, a New York, non si pone, in quanto il governo lavora solamente per rendere il business più semplice e dinamico, senza però influire sulle decisioni della compagnia appena nata. Infine in Italia c’e’ un’altra difficoltà: non esistono grandi e potenti compagnie come Google o Facebook che possono compare aziende ritenute valide, ma le nuove startup possono contare solamente su loro stesse.
 

E’, quindi, tutto da buttare? Assolutamente no. La situazione sta, seppur lentamente cambiando. Crescono a vista d’occhio, infatti, nuove aziende nel nostro paese. In Italia sta tornando di moda il fare impresa. Si può discutere che molte delle startup italiane si fondino su value proposition poco solide, che non generino reale innovazione; però con tutti questi tentativi (anche con quelli più improbabili) si sta creando una nuova generazione di imprenditori in Italia. Perché, imprenditori si diventa, provando e spesso fallendo.

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