Nuovi poveri d'Italia

Maria Rita Latto (December 11, 2011)
Siamo andati alla Stazione Termini dove si trovano la Mensa sociale, l’Ostello e il Poliambulatorio “Don Luigi Di Liegro” della Caritas. Qui gli ultimi, i clandestini, gli emarginati, e tanti costretti a lottare per la sopravvivenza, possono trovare un tetto e altro. Ma troviamo anche da una nuova categoria di persone, i cosiddetti “nuovi poveri”, gente normale, pensionati soli, donne con gli occhi bassi che si vergognano, disoccupati, padri separati che non arrivano a fine mese. Li vediamo davanti alla mensa, ci chiedono di non essere fotografati ma accettano di raccontare le loro storie.

25 Dicembre 2011: che Natale sarà per gli italiani? E come vivranno questo giorno i tanti che si trovano a fronteggiare momenti difficili, di profonda indigenza e non avranno la possibilità di sedersi a casa propria, a tavola, condividendo il pasto più importante dell’anno insieme alle persone a loro care?
 

Siamo andati alla Stazione Termini, a Roma, dove si trovano, nella medesima struttura, la Mensa sociale, l’Ostello e il Poliambulatorio “Don Luigi Di Liegro” della Caritas Diocesana. Sulla parete all’ingresso risalta la frase: “Una città in cui un uomo solo soffre meno è una città migliore”. Sono parole di don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas, morto nel 1997 dopo aver speso tutta la sua vita contro ogni forma di esclusione, sempre al servizio dei più poveri. È questo uno di quei luoghi in cui gli ultimi, i clandestini, gli emarginati, e tanti italiani costretti a lottare per la sopravvivenza, possono trovare un tetto e una coperta per ripararsi dal freddo, ma anche un medico, un bagno, un barbiere. Qui sarà Natale anche per chi è ignorato, indesiderato, messo ai margini della società. E sarà Natale anche per una nuova categoria di persone, i cosiddetti “nuovi poveri”, gente normale, pensionati soli, donne con gli occhi bassi che si vergognano, disoccupati, padri separati che non arrivano a fine mese.

Li vediamo davanti alla mensa, ci chiedono di non essere fotografati, accettano di raccontare le loro storie. C’è chi dopo il pasto riesce a portare a casa un panino o un frutto, altri non hanno una fissa dimora e dormono dove capita: panchine, androni, ponti. Ci sono anche quarantenni, cinquantenni, quelli che da qualche tempo notiamo insieme ai vecchietti a razzolare tra gli scarti dei mercati rionali per far quadrare il bilancio. Giovanna, 53 anni, racconta una storia simile a quelle di tanti suoi nuovi amici trovati alla Caritas: “Vengo a mangiare qui perché due anni fa ho perso il lavoro: avevo un negozio di alimentari in periferia. A un certo punto hanno aperto un grande centro commerciale che mi ha letteralmente ucciso: ho dovuto chiudere, non vendevo più. Ho cercato lavoro per un po’, non mi davo pace, ma alla mia età non mi vuole più nessuno. Ho tirato avanti finché ho potuto con i risparmi che avevo messo da parte da una vita, ma ora sono finiti. Non ho una famiglia, sono da sola. Dormo alla stazione, quelle poche ore che ci riesco. Lì ci lasciano in pace per fortuna. Anche se non c’è proprio caldo almeno stiamo riparati. Il mio Natale? Sarà qui alla Caritas. Un giorno come un altro. Cambierà il menù, sarà diverso da quello degli altri giorni, ma la mia vita sarà sempre quella”.

Accanto a lei c’è Stefano, 45 anni, padre separato: “Esco da un divorzio che mi ha rovinato. La mia vita è andata a rotoli, ho perso la casa, ho perso i miei figli, il mio stipendio si è ridotto all’osso per via degli alimenti e adesso con questa crisi economica mi è arrivata la mazzata finale: ho perso il lavoro. E col lavoro se n’è andato quel poco che mi era rimasto. Non potendo più pagare l’affitto di una camera ho dovuto prendere la decisione di vivere per strada. Per fortuna, il giudice mi ha esentato dal mantenimento dei figli, d’altronde non avevo più la possibilità di farlo”.   

Mentre parla agita nervoso le mani. “Mi sento davvero avvilito. Vengo qui a pranzo quasi tutti i giorni, sperando che prima o poi le cose cambino. Per ora passo la giornata in giro alla ricerca di un lavoro, poi vengo qui alla stazione a passare la notte, sulle panchine. Il mio Natale sarà triste perché non potrò stare con i miei figli. Non posso permettermi di portarli a pranzo fuori come facevamo un tempo. Mia moglie ha un compagno, una vita. Io sono solo”. Claudio, 60 anni, anch’egli disoccupato, spiega: “Sono troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per andare in pensione. Adesso, con la manovra di Monti e con la stretta sulle pensioni sono disperato. Il mio futuro è in mezzo alla strada. Se prima avevo la speranza, tra due/tre anni, di poter andare in pensione con gli anni di lavoro che avevo, adesso chissà mai se ce la farò. La cosa che mi fa più rabbia sarà che il giorno di Natale verrà la televisione, parleranno di noi, ci intervisteranno. E poi? Fine dei giochi, ci sarà il silenzio su di noi fino al prossimo Natale”.

Ci spostiamo a Colle Oppio, dove si trova un’altra Mensa della Caritas, affollata ogni giorno da centinaia di disperati, che sostano nei giardini proprio là davanti, a due passi dal Colosseo e dalla Roma turistica lontana anni luce dalla loro realtà. Notiamo un gruppetto di persone proprio davanti all’ingresso. Anch’essi accettano di parlare ma chiedono di non essere fotografati. Salvatore, sessantenne, racconta di aver lavorato finchè ha potuto come cuoco. Poi, per motivi di salute (una grave malattia invalidante) ha dovuto smettere. La sua unica salvezza è l’aiuto da parte della Caritas e delle varie associazioni che non lasciano soli i disperati come lui.

“Da gennaio, con i tagli della manovra, –spiega- non sarà più possibile fare le due docce settimanali che potevamo fare qui alla Caritas. Non ci sono più soldi per noi. Intanto i vitalizi non se li sono tolti, intanto le liquidazioni milionarie non le hanno ridimensionate. Però il giorno di Natale magari verranno a mangiare a qualche mensa dei poveri il Papa o il Sindaco e si laveranno la coscienza, faranno la loro buona azione per quest’anno. Tutta ipocrisia”. Gli fanno eco i suoi amici, anch’essi scettici sul loro futuro, specie adesso, con la “mazzata” della manovra Monti. “Non hanno fatto niente, tutto è rimasto come prima, -si lamenta Francesco, 37 anni, anzi no, è peggiorato per la povera gente. I ricchi, gli evasori, gli onorevoli, non li hanno neanche scalfiti”. Poco lontano dorme in un’automobile parcheggiata un uomo sulla quarantina. È un disoccupato che, dopo aver mangiato, si ritira in quella che è diventata la sua nuova casa. Troppo caro permettersene una.
 

Natale è alle porte, il 2011 sta per finire e non si può non considerare ormai superato l’ultimo rapporto annuale dell’Istat sulle condizioni di vita nel 2010 che stimava in otto milioni i poveri nel nostro Paese, il 13,8% dell’intera popolazione italiana. Si tratta di quasi tre milioni di famiglie in difficoltà, l’11% del totale. Una larga fetta di italiani si trova sotto la soglia della povertà e va avanti contando su una spesa mensile inferiore ai 992,46 euro al mese. Ma non è tutto: l’Istat stimava che tra gli otto milioni d’indigenti ci sono tre milioni di persone che sono “poveri tra i poveri”, cioè la schiera di cittadini che vive di stenti, senza la possibilità di conseguire standard di vita minimamente accettabili. Con la nuova manovra la situazione non può che peggiorare, dato che le politiche sociali saranno fortemente penalizzate.

Anche gli interventi sull’Iva chiederanno un conto salato: i beni di particolare valore sociale come generi alimentari, acqua, energia, medicinali, trasporti, libri e giornali, sopporteranno il peso di un aumento d’imposta, con l’effetto di penalizzare ancora una volta le famiglie meno abbienti e di aumentare la schiera dei “nuovi poveri” d’Italia.

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