'Brand Italia' per uno sviluppo economico efficace
E’ nato a Palermo. E ama parlare della sua città nonostante poi la maggior parte della sua vita sia stata all’estero. Lo ha fatto davanti al mondo del business di New York - raccolto da Lucio Caputo presidente del Gruppo Esponenti Italiani - con parole affettuose quando ha ricevuto “GEI Friendship Award”. Il Prof. Michele Geraci. Sottosegretario allo sviluppo economico del Governo attuale, è ingegnere elettronico, docente universitario di finanza, banchiere di investimento, esperto di economia, soprattutto cinese.
Lo incontriamo a margine della sua missione governativa americana.
Partiamo da alcuni passaggi della sua vita/carriera, tra Italia, Inghilterra, Cina, e dal ruolo che l’America ha svolto per lui.
“Il mio rapporto con gli Stati Uniti? Ho conseguito l’MBA presso il M.I.T. di Boston, poi sono andato a lavorare in una banca d’affari inglese per più di un decennio e in quel periodo sono venuto spesso qui per lavoro. Devo però ricordare anche la mia prima volta in America. Avevo diciotto anni. Ho passato un’estate memorabile, ho imparato qui l’inglese. ... Venendo all'oggi, gli Stati Uniti sono un partner importante del Governo, credo che la mia frequentazione aumenterà…”
Michele Geraci è da pochi mesi al Ministero dello sviluppo economico, nel suo incarico responsabilità legate soprattutto al commercio estero e gli investimenti.
Sono diversi gli argomenti di cui vorremmo parlare, inclusi quelli legati agli attuali piani economici del governo. Ma cerchiamo invece di attenerci a tematiche legate alla proiezione internazionale dell'Italia, che è il motivo principale della sua visita.
“Siamo in America per 6 giorni. Pieni di incontri tra Boston, New York e Washington. Appuntamenti con Governo americano, imprese, finanziarie e industriali, e think tank universitari. Siamo venuti per spiegare, per raccontare il nostro lavoro, per sondare, vedere l’attenzione che ci è riservata, e anche per avere un feedback e chiedere consigli”, dice Geraci.
La maggiore curiosità l'ha riscontrata negli investitori finanziari: “Mi hanno chiesto molti dettagli tecnici, sono andati a fondo su diversi temi. ma devo dire che un aspetto importante emerso da questi incontri è che i nostri interlocutori non avevano chiare molte cose sul nostro lavoro. E' successo anche a Londra, abbiamo dovuto spiegare anche lì. E se non avevano capito, è perchè non abbiamo saputo comunicare noi bene. Aumenteremo questo tipo di missioni per incontrare molte persone. Dobbiamo imparare a comunicare bene il nostro operato”.
La comunicazione sarà dunque un tema importante della nostra intervista. L'altro tema, strettamente legato al primo, è quello dell' internazionalizzazione e del 'nation branding'.
L'attività italiana in questo campo è in forte ascesa. E dalle parole del sottosegretario si evince un grande desiderio di esplorare nuovi mercati. Questa missione in America, d'altra parte, si inscrive in un programma che ha già visto in Cina, in Inghilterra, in India...
“In India abbiamo avuto un'esperienza importante, abbiamo incontrato molti ministri e rappresentanti istituzionali. E' un paese estremamente interessato ai rapporti con l’Italia, Lo si vedeva anche solo dalla facilità con cui abbiamo condotto le riunioni. Torneremo a gennaio, per organizzare un business forum, parleremo molto di agro-alimentare”.
Agro-alimentare, ma non solo, in Italia vuol dire prima di tutto piccola e media impresa. Le PMI italiane - "una grande ricchezza per il Paese!", sottolinea enfaticamente Geraci - necessitano spesso di sostegno per sostenere progetti di proiezione internazionale. Questo percorso ha bisogno di poter contare pienamente su un efficiente sistema che le accompagni. "E' importante veder crescere il numero di piccole e medie imprese presenti sui mercati internazionali".
Per aiutare le PMI in questo processo c'è un tema fondamentale. Il ruolo di quello che chiamiamo 'Sistema Paese' e la sua comunicazione, che ancora avviene in maniera spesso disorganica e sporadica. Per "Sistema Paese" si intende l'insieme coordinato di tutti i soggetti che contribuiscono a sostenere l'attività internazionale di un Paese garantendo la competitività del suo sistema produttivo. Partecipano al sistema Paese le imprese, le istituzioni, politiche ed economiche, sia pubbliche che private, ma anche quelle scientifiche e culturali. E' da questa attività 'di sistema', quando le strutture che lo compongono riescono a collaborare in maniera efficiente e sviluppano una strategia di comunicazione condivisa, che un Paese diventa visibile nel mondo e quindi competitivo.
Parliamo quindi con Geraci di Sistema Paese e naturalmente di comunicazione, promozione, 'storytelling' come si dice oggi...
“Innanzitutto va promosso il territorio nel suo complesso e in maniera efficace. In Asia ho visto delle pubblicità di regioni italiane... Ma in una remota zona asiatica non ha senso presentare una singola regione o addirittura una città. Bisogna far vedere l’Italia, la cultura, i colori, la bandiera e poi parlare delle particolarità. Non si può andare in Cina, India … e promuovere una singola regione che lì è sconosciuta a tutti! E questo vale anche per le piccole e medie imprese, devono presentarsi come parte di un sistema a cui appartengono. E’ così saranno sicure che anche le loro particolarità verranno comunicate. Ci vuole un approccio top down. Io sono italiano, faccio parte di un sistema italiano. L’interlocutore non comprende se deve fare una scalata faticosa per capire un concetto.”
Dunque è importante un piano integrato di 'nation branding'? La costruzione di un ìbrand Italia' a cui partecipino tutti gli attori del sistema?
“Esatto. Se io dico Malesia lei a cosa pensa oggi? A Malaysia Truly Asia!" (Il sottosegretario fa riferimento ad uno spot molto diffuso in Italia il cui payoff è: ‘No other county is Truly Asia’ as Malaysia'). Ci bombardano con questi ad! Lo stesso deve avvenire anche per l’Italia. Deve esserci un’associazione immediata all’immagine del Paese, le aziende devono giocare su questa assonanza per poi declinare nella particolari caratteristiche geografiche o di prodotto…”
Visto dall’estero, questo è un grande problema per i nostro Paese. Siamo indietro, nonostante gli sforzi dell'ultimo decennio, e l’impatto in termini economici è molto importante.
“Le aziende italiane troppo spesso non sanno fare sistema, non sfruttano il Brand Italia, la forza che la parola Italia ha nel mondo. Credono ingenuamente che il loro prodotto sia più importante, e che si affermerà perchè è il migliore, che non abbia bisogno di usare il Sistema Italia. Ma è un errore.”
E poi va male… Si fanno dei capitomboli, magari si sprecano finanziamenti europei che non vengono messi a sistema…
”C’è una difficoltà oggettiva nel penetrare i mercati internazionali, se poi uno si tira la zappa sui piedi e non usa le risorse, non comunica con l’Ambasciata … Poi abbiamo l’ICE (Italian Trade Agency) che serve proprio a questo. Comunque dietro certi atteggiamenti c’è un modo di pensare sbagliato. Un atteggiamento errato. Lei ha mai sentito dire che la Germania 'fa sistema'? No, perché lo fa, non lo dice. La Merkel non dice mai ‘facciamo sistema’. Loro prendono l’aereo in 150 persone e vanno. Non dicono ‘facciamo sistema’, dicono dove vanno. Noi dobbiamo ancora dirlo perché non lo facciamo. E’ un problema che dobbiamo risolvere, nell’interesse del Paese, dei giovani, del Sud.”
Parliamo anche di cultura, di promozione dei territori italiani e delle loro culture. Perchè la cultura in Italia spesso la cultura non è concepita come un volano di crescita economica? Chiunque viva all’estero nota quanto sia difficile per uno straniero immaginare le difficoltà economiche di un Paese che ha le risorse culturali e ambientali che ha l’Italia.
“La cultura è un pilastro fondamentale del 'Sistema Italia'. Una cultura a 360 gradi. Dalla storia, all’arte, all’arte, musica e anche sport. E la sinergia di tutto questo con il mondo degli affari non sempre è pienamente valorizzata. Ma ora tutto questo cambia.”
Come cambia?
“Cambia anche nelle piccole cose! Se partecipiamo a una fiera casearia, per esempio, portiamo un Roberto Baggio se siamo in un posto dove è amato il calcio! Dobbiamo lavorare intensamente sulla comunicazione, anche giocando sui luoghi comuni, rivalutandoli.”
E’ importante dunque creare uno uno 'storytelling' ben studiato, un racconto integrato dell'Italia? Anche su questo siamo un po' indietro?
“La comunicazione e la pubblicità sul Sistema Italia vanno in buona parte rifatte! La prima cosa da fare è guardare alle pubblicità realizzate da stranieri, sull’Italia e su se stessi. Voglio vedere cosa si dice sull’Italia a Mosca, a New Delhi… bisogna studiare! Dobbiamo vendere un nostro caffè? Dobbiamo vedere anche cosa fa Starbucks. Partire dalle esperienze del posto dove vogliamo promuoverci. Si crede troppo spesso che tutto il mondo la pensi come noi. No! E non dico che si deve copiare, ma si deve conoscere. Adattare. Mediare".
Un lavoro di mediazione culturale dunque. E ci vuole anche un pò di umiltà a volte…
“Certo. Non bisogna dare per scontato che i nostri prodotti siano i migliori al mondo. Occorre rafforzare il Brand Italia, ma senza presunzione e guardando l’Italia con gli occhi degli altri. Non si può per esempio partire dal fatto che la pizza napoletana è più buona di Pizza Hut. Questo non è il modo migliore per iniziare a vendere la nostra pizza.”
Andiamo in Italia. Parliamo dei tanti possibili investitori da attrarre nel nostro Paese … Come li incoraggiamo secondo Geraci?
“Con un sistema di riforme vere, sul piano legale prima di tutto. Accordi, alleggerimento delle procedure burocratiche, chiarezza. Lavoriamo su questo. Uno non investe in Italia se non sa quali sono le regole del gioco. Dobbiamo rispondere con certezze veloci. Far rispettare le regole. Quando tutti i player sanno che le regole sono rispettate, nessuno tende ad imbrogliare. Dunque basta con il lassismo. Credo che il mandato del governo sia quello di rilegalizzare l’apparato burocratico“.
Un altro tema importante visto dall’estero è quello dei giovani. La loro presenza nel mondo. Giovani che migrano in un momento di crisi economica, ma anche giovani che danno avvio ad imprese innovative.
“Chiunque può andare dove vuole, ma dobbiamo incentivare a rimanere in Italia. Il reddito di cittadinanza sarà anche uno strumento per fermare il brain drain. Devono poter scegliere di restare.”
Abbiamo deciso di non approfondire temi di politica interna in questa intervista, ma l’ottimismo del sottosegretario sul reddito di cittadinanza va segnalato.
“Va fatto molto bene, nei dettagli. Bisogna dare un po’ di speranza, di ottimismo; avrà importanti effetti psicologici, pratici, fiscali. Certo occorre porre delle le regole e farle rispettare e vigilare che nessuno ne approfitti. Siamo al governo per farlo”.
Un altro strumento diretto all’innovazione e ai giovani Geraci lo ha annunciato sempre nel corso di questa visita americana. Ci sarà il prossimo anno una sorta di 'Erasmus' per startuppers italiani che andranno in Usa, Gran Bretagna, India, Cina, Corea, Israele. "I giovani poi riporteranno questa esperienza in Italia. Tutto a spese del governo”.
Ultima domanda. Sugli italiani all’estero. Cosa rappresentano per il suo Ministero?
“Quando si parla di internazionalizzazione, il ruolo degli italiani all’estero è fondamentale. Devono fare da antenne, da testimonial, da ganci. Nella storia, chi è emigrato ha spesso seguito il percorso fatto da qualcun altro. E' stato chiamato, ospitato, aiutato da amici, compaesani, parenti. Ci deve essere un cluster simile per il Sistema Italia all’estero: chi è avanti deve attirare nuove risorse, non aver paura di competere. Su questo dobbiamo lavorare anche molto. Avere una cultura che aggreghi. Una percezione diversa della concorrenza. Dobbiamo avere un sistema dove ci si aiuta. Se uno vende gelati non deve aver paura di altri che vendono gelati affianco a lui. Non si deve essere l’unico bar sulla strada per far soldi! Si va in un luogo perché si è attirati da tanti bar, non uno solo. Gli italiani all’estero possono svolgere bene questa funzione di traino."
E bisogna imparare a comunicare tutto questo...
"Sì. Come accade in altri paesi. Lavorare come sistema è importante, ma poi se non si comunica bene gli altri non ti credono. Non capiscono. Questo non deve più accadere.”
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