Appunti da una conferenza stampa

Francesca Pili (November 29, 2018)
Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Michele Geraci, incontra la stampa italiana a New York

Il sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci fa il punto con la stampa italiana sulla sua missione americana. Sei giorni tra Boston, New York e Washington DC,  con un programma di incontri molto intenso con investitori finanziari, ma anche think thank all’interno di università quali la NYU e il MIT.

A Washington, in particolare, l’incontro è stato con i rappresentanti del Governo americano, per chiarire soprattutto la posizione dell’Italia rispetto all’Europa, su cui Geraci tiene a dire: “Non abbiamo intenzione di uscire dall’Unione Europea, ed è necessario che lo sentano dire chiaramente da noi”.

In risposta ad una  domanda della stampa  affronta un argomento molto importante legato all’export, che rappresenta il 30% dell’economia del Paese. Si tratta del lavoro che il governo ha intenzione di fare a proposito dei prodotti IGT e DOC.

Su questo esiste un accordo col Canada, che traccia una linea d’esempio, dal momento che è il primo Paese anglosassone che riconosce le denominazioni di origine.  Purtroppo sul terreno americano l’approccio, ammette Geraci,  è più complesso: “le uniche due leve sono il trademark (marchio registrato) e il marketing, e non mi sembra ci sia per ora la possibilità di cambiare questo assetto”.

Un altro punto che a detta del sottosegretario è caro al Governo è lo sviluppo tecnologico. “L’Italia è indietro sulla tecnologia, ma questa può essere un’opportunità. Vorremmo ad esempio introdurre l’utilizzo del blockchain, che aiuterà la riconoscibilità della provenienza di un prodotto. Ci permetterebbe di abbassare i costi di esportazione e garantire la tracciabilità”.

Alla domanda precisa su come stiano andando le vendite dei Btp e in generale la ricerca di investitori, Geraci risponde: “L’Italia è l’unico paese che ha un surplus primario, ossia spende meno di quanto incassi con le tasse. Ha la gestione più virtuosa al mondo delle finanze pubbliche. È un aspetto importante da far capire agli investitori, e su questo stiamo lavorando. Ci siamo resi conto di avere un problema di comunicazione. Tutte le previsioni catastrofiche che si rimbalzano in internet sono, per l’appunto, solo previsioni, basate sull’eventualità di sforare il deficit e essere dunque multati. Il tetto massimo, e sottolineo massimo, del rapporto deficit/PIL, che noi abbiamo fissato a 2,4%, è una cosa che possiamo gestire molto bene dal momento che sapremo il valore del PIL 2019 per tempo, per poter poi assumere l’impegno di spesa per lo stesso anno”. All’obiezione mossa al riguardo del fatto che la spesa pubblica non sia così elastica, il sottosegretario risponde che questo governo ha due leve di elasticità: i tempi e l’intensità delle riforme.

A questo proposito approfondisce anche uno dei temi caldi, ossia il reddito di cittadinanza, sul quale informa che sono ancora al vaglio diversi aspetti. Dal momento da cui farlo partire, all’entità del fondo da destinarvi, finanche alla definizione esatta dei soggetti beneficiari. Un punto sembra essere chiaro: “Chi non ha income (ossia introiti) ma ha asset (esempio, casa di proprietà) non ne beneficerà”.

Geraci lo definisce “un investimento in intangible assets, ossia quei tipi di investimenti che hanno più rischio e più ritorno. Il rischio del reddito di cittadinanza è che i soldi dati dallo Stato al cittadino vengano conservati in banca e non spesi”.

Quando gli viene fatto notare che ci sono altri rischi, come quello ideologico riguardante la circostanza che il cittadino non lavori, nonché il rischio pratico dell’aumento del lavoro in nero, chiarisce che “chi prenderà il reddito di cittadinanza dovrà lavorare, studiare, fare stage nelle aziende. Chi rifiuterà la seconda offerta di lavoro, perderà il beneficio. Oltretutto, non verrà fornito in cash, e non sarà cumulativo.

Sarà un buono spesa che potrà essere utilizzato solo per il range di beni da noi indicati, quali cibo, affitto e spese di reinserimento al lavoro, e se non speso, passato un certo tempo (3-4 mesi), si azzera. Nel momento in cui questo investimento verrà speso, aumenterà i consumi, facendo scendere il rapporto debito/PIL. Sono inoltre previsti sgravi fiscali per le aziende che assumeranno i beneficiari del reddito di cittadinanza”.

L’idea di fondo è farne uno strumento temporaneo, di passaggio all’inserimento al lavoro. Per favorire questo processo, è nell’intento del Governo la digitalizzazione degli uffici di collocamento in modo da fornire il match immediato tra domanda e offerta. “Il problema più grande in Italia è che i giovani restano disoccupati per molto tempo. Una volta conseguita la laurea, possono restare inattivi anche per anni. Il che li rende meno appetibili sul mercato, ovviamente”. Il tentativo è quello di riuscire a inserire i giovani nel settore lavorativo che gli compete e che, soprattutto, auspicano.

Quello che è chiaro alla fine della conferenza stampa è che il reddito di cittadinanza non ha in realtà ancora un corpo preciso; ci sono numerose variabili che il governo deve ancora vagliare e risolvere, e al momento non c’è alcuna certezza circa le tempistiche.

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