Zero, la prima serie italiana sui giovani neri italiani
“Essere invisibili è il vero potere” è una delle citazioni che spicca nel trailer della nuova serie originale italiana “Zero”, in anteprima su Netflix da mercoledì 21 aprile in 190 paesi. A pronunciarla è un ragazzo italiano nero, Omar, interpretato da Giuseppe Dave Seke, un 20enne italiano nato da genitori senegalesi. Zero disegna fumetti manga che hanno come protagonisti ragazzi neri. Vive al Barrio, un quartiere immaginario alla periferia di Milano ma sogna di lasciare il suo quartiere per trasferirsi a Bruxelles. Omar vive un senso di distacco e il non sentirsi parte del proprio paese la fa sentire come se volesse “strisciare fuori dalla propria pelle” e “diventare invisibile”. Almeno fino a quando non scopre di avere davvero il superpotere dell’invisibilità. Insieme al suo gruppo di amici cercherà di salvare il quartiere a cui nonostante tutto sente di appartenere.
Ideato da Menotti assieme a Antonio Dikele Distefano, l’autore di Non ho mai avuto la mia età (Mondadori), il libro a cui si ispira la serie, Zero” non è una serie afroitaliana ma storia di supereroi che racconta la storia di ragazzi di colori e credo diversi, figli di migranti, cosiddette seconde generazioni (termine quanto mai inappropriato ) che il paese non vede e che considera ancora strani. Una questione di legge, ma soprattutto di cultura. “A me non piace parlare di eccezionalità, bensì di normalità”, precisa Distefano. “La serie di rivolge a un pubbico ampio, a prescindere dal colore. Quando il colore della pelle non sarà più al centro del dibattito, allora finalmente quella sarà la normalità”.
Tra i registi degli otto episodi, Margherita Ferri, Ivan Silvestrini, Paola Randi e l’egiziano Mohamed Hossameldin, il film rappresenta un tentativo virtuoso per cercare una rappresentazione dell’Italia più plurale e inclusiva, anche al cinema dove gli attori neri sono incasellati in stereotipi e i registi sembrano ignorare la realtà contemporanea dell’Italia. Zero può esssere l’inizio di un cambiamento di una società che fa ancora fatica a riconoscere una definizione di italianità non basata unicamente sulla discendenza e quindi, in qualche modo, sulla bianchezza. Sono migliaia nel nostro Paese, ragazzi e ragazze come tutti gli altri. Parlano italiano, magari anche un dialetto, sono nati e cresciuti qui, dove hanno frequentato le scuole dell’obbligo. Fanno parte del tessuto sociale delle proprie comunità e sono uguali a tutti i loro coetanei, ma i loro genitori non sono italiani e per questo sono senza cittadinanza. Stranieri in casa propria.
”Penso che Zero sia una grande opportunità per tutte le nuove generazioni”, dice Giuseppe Dave Seke, “In Zero raccontiamo una storia, ma può far sfondare una porta per raccontare altre storie come quelle, che oggi in Italia non vengono mai raccontate”.
Un’identità multiforme quella di Zero che si esprime anche nella colonna sonora. Il compositore delle musiche, ideate appositamente per Zero, è Yakamoto Kotzuga. Tra i brani principali presenti nella colonna sonora, l’inedito di Mahmood, dal titolo Zero e prodotto da Dardust. Mentre nel primo episodio, è presente il brano di Marracash dal titolo “64 barre di Paura”.
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