Da Milano ad Harlem il jazz raffinato di Simona Premazzi

Roberta Michelino (November 10, 2013)
Simona Premazzi, pianista jazz italiana, ha deciso nove anni fa di trasferirsi in America per dare una svolta alla sua carriera di musicista. New York, con i suoi numerosi locali ed i suoi famosi artisti jazz, gli ha offerto la grande opportunità di crescere e di esprimere emozioni e stile originale nella musica

Pianista, compositrice, insegnante di musica, talento e grazia tutta al femminile. Simona Premazzi, originaria di Busto Arsizio si è trasferita nella Grande Mela nel 2003 per realizzare il suo grande sogno, diventare una musicista jazz di successo internazionale.

Ed è sicuramente riuscita nel suo intento: ha collaborato con straordinari musicisti, basti citare i nomi di Greg Osby, Enrico Rava e Paolo Fresu , si è esibita in famosi locali come il Blue Note, i suoi tre albums Looking for an Exit, Inside in e The Lucid Dreamers  sono la sintesi della sua grande versatilità ed originalità. La chiave del suo successo è racchiusa in un’interpretazione autentica dei brani da lei composti e rivisitati e nello studio approfondito ed appassionato del panorama mondiale del jazz.

La redazione di i-Italy ha intervistato Simona Premazzi per conoscerla meglio come musicista italiana residente a New York.

Chi è Simona Premazzi?

Simona Premazzi è una pianista compositrice italiana che vive a New York da nove anni per affermarsi come musicista.

La scelta di vivere a New York è stata obbligata o naturale per il retaggio jazz di questa città?

Entrambe. Qui il livello artistico è molto più alto e purtroppo in Italia non è facile trovare un ambiente così stimolante. Non esiste un’altra città così artisticamente attiva come New York. Il jazz nel nostro paese non è diffuso dai mass media, forse solo Bollani con la sua trasmissione televisiva è riuscito a farlo arrivare anche alle persone che non fanno musica. Inoltre è un genere musicale di origine americana e solo gli italiani che hanno imparato ad apprezzarlo si sono veramente appassionati. Anche in America però le cose sono cambiate rispetto agli anni ’50, il jazz ha subito delle contaminazioni con la musica hip hop o con l’elettronica. Noi musicisti abbiamo il compito di portare avanti questa forma d’arte così rara.

Nel tuo album Inside In hai deciso di suonare due colonne classici del jazz, Brazil  e Blue Moon. Come mai questa scelta?

Sono rimasta molto colpita dal film Brazil di Terry Gilliam e dalla colonna sonora. Ho suonato Brazil perchè volevo fare un tributo al Brasile ed alla sua musica. Per quanto riguarda Blue Moon, questa canzone mi ricorda lo stile di Coltrane e per questo ho cercato di unire un arrangiamento più moderno ad una musica jazz antica.

Parlami del tuo ultimo lavoro discografico Lucid Dreamer ed in cosa si differenzia ai tuoi dischi precedenti...

Il disco è concettuale, vorrei offrire ad i miei ascoltatori una sorta di sogno lucido, quasi uno stato di veglia. La prima traccia è dedicata a Edna St. Vincent Millay, poetessa dei primi del ’900 coraggiosa e d’avanguardia. I brani sono tutti diversi ma l’elemento che li accomuna è la mia impronta compositiva.

Progetti di ritornare in Italia?

In Italia mi piace sempre tornare per lavoro e per la mia famiglia che mi manca tanto. Tornarci in pianta stabile no. Non ho ancora nessun progetto di trasferirmi di nuovo in Italia per varie problematiche legate al nostro paese, anche se è la mia terra e l’adoro.

Aspettiamo il prossimo concerto di questa talentuosa artista per vivere insieme a lei un “Lucid Dream”.

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