Le Chiese Valdesi e quella laicità che non c'è. "Meglio con la Democrazia Cristiana". Incontro alla Casa Italiana Zerilli Marimò

Letizia Airos Soria (March 30, 2009)
Ore 8.30 di mattina. Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU. Incontriamo insieme al direttore, Stefano Albertini, la Pastora Maria Bonafede ed il Prof. Paolo Naso, due importanti esponenti della Chiesa Valdese

Molte domande e risposte, riflessioni, preccupazioni e speranze. Intorno ad un tavolo, nella biblioteca della Casa Italiana Zerilli Marimò abbiamo incontrato, insieme al direttore Stefano Albertini, due importanti esponenti della Chiesa Valdese in Italia: la Pastora Maria Bonafede ed il Prof. Paolo Naso. (leggi profili alla fine dell’articolo)

 
Li abbiamo tempestati di curiosità, ne è nata un conversazione molto ampia che tocca diversi temi visti con un’ottica particolare. Uno sguardo che va al di là non solo dell’oceano, ma che supera quella palude tutta italiana dove, da qualche tempo, sembrano sprofondare certe tematiche.
 
Con quest’articolo un ampio resoconto della conversazione.
 
La visita in America, i protestanti americani e un pò di storia della Chiesa Valdese
 

Maria Bonafede: “E’ una visita importante la nostra. Mancavo da tre anni. Abbiamo incontrato la Chiesa  Riformata statunitense che è molto più piccola della Chiesa Riformata italiana, pur essendo molto più grande di noi, parliamo di 300 - 400 mila persone. Abbiamo creato i presupposti per dei legami solidi. Loro hanno scoperto la Chiesa Valdese. Sapevano che esisteva, avevano mandato un loro missionario per cercare un collegamento. Però incontrarci qui è stato molto importante. E’ una chiesa molto simile alla nostra, di grande minoranza pur essendo molto strutturata. Poi sui temi di ricerca ci è parsa molto vicina come sensibilità”.

 
Stefano Albertini: Posso fare una domanda molto banale? Ma gli altri protestanti riconoscono a voi Valdesi un primato temporale, teologico? Il fatto di essere arrivati tre secoli prima viene riconosciuto? I protestanti americani conoscono già la vostra storia?
 
Maria Bonafede: “No, quasi sempre la dobbiamo spiegare. Infatti quando la conoscono magari sono al corrente della storia del passato e pensano che sia qualcosa di archeologico. Quindi il fatto di scoprire che siamo una piccola Chiesa, però vitale con questa vocazione, e che fin dalla nascita abbiamo legami internazionali con tutto il mondo li colpisce. Così i protestanti americani, in questo viaggio, hanno mostrato un interesse grandissimo”.
 
Stefano Albertini:  Voi avete avuto quasi 700 anni di persecuzioni…
 
Maria Bonafede: “Si, e nel 1184 siamo stati scomunicati, come movimento pauperistico”.
 
Stefano Albertini: E non vi hanno mai ritirato la scomunica?
 
Maria Bonafede: "No, hanno chiesto scusa nel '98, abbastanza con leggerezza... Comunque c'è stata la clandestinità. Poi, dopo l'adesione alla Riforma, con la Controriforma si va proprio nella dimensione di annientamento.
 
I Valdesi erano arrivati fino in Calabria, dove c'è ancora un paese che si chiama Guardia Piemontese, che ha le strade coi nomi valdesi. E lì sono stati completamente fatti fuori, trucidati, e così nel resto d'Italia.
 
Poi, nel 1848 hanno avuto 'le patenti di libertà' da Carlo Alberto, un mese prima degli ebrei, quasi in contemporanea. Praticamente tutte le Chiese Valdesi sono nate dopo il '48 e soprattutto dopo il '70, con l'unità d'Italia ed il ridimensionamento del Vaticano.
 
Il periodo d'oro è stato 1870-1929, seguito poi dal Concordato, che ha dato molto spazio e valore al Cattolicesimo, con privilegi importantissimi. I Valdesi, va detto, non sono stati perseguitati nel periodo del fascismo. Sono stati però molto controllati.
 
Se qualcuno predicava sull'antico testamento si faceva notare che non lo poteva fare, era ammesso solo il nuovo. Quindi pesante controllo, però non persecuzione. Questo era dovuto al fatto che ufficialmente i Valdesi non hanno preso delle posizioni ferme, avevano troppa paura che la loro Chiesa venisse annientata. Hanno però aiutato gli ebrei in silenzio.
 
Io tra l'altro ho fatto una tesi sulle storie valdesi e gli ebrei nel periodo delle leggi razziali. Un po' dappertutto, ma specialmente nelle Valli Valdesi, c'erano persone che ospitavano famiglie della comunità ebraica. Come anche nelle città. Per esempio a Firenze il pastore Tullio Rinai ha creato una vera e propria organizzazione. Aveva una botola quadrata di 1,5 metri dove al momento opportuno nascondeva gli ebrei. Sempre lì c'era poi una signora che faceva le carte d'identità false.”
 
Paolo Naso: “A Torino c'era un ospedale valdese in cui sono stati nascosti ebrei. Anche a Milano, era un fatto abbastanza generalizzato l’aiuto agli ebrei, però nella clandestinità, senza un pronunciamento politico ed anche senza una denuncia.
 

Tutto cambia ovviamente nel '43 quando scoppia la guerra partigiana. I quadri della Chiesa Valdese si uniscono alla lotta partigiana. Pastori e studenti di teologia aderiscono. Il nome forse più noto è quello di un ingegnere laico della Chiesa d'Ivrea a Torino, Hanry Jervis, che viene trovato e torturato. Era un capo partigiano. Un altro importante nome è Jacopo Lombardini, che decide di aderire alla lotta partigiana senza indossare le armi. Va con i partigiani ma non combatte, non spara. Viene preso e muore a Mauthausen. Insomma, ci sono delle storie anche molto molto pesanti".

 
Il ruolo della Chiesa Valdese come minoranza
 
“Va però aggiunta una cosa: la Chiesa Valdese nell'84 è stata la prima ad ottenere le intese, ad esempio l'articolo 8 della Costituzione. Un articolo trascurato per 40 anni.
 
Con il rinnovo del Concordato, Craxi ritiene che ci sia un'attinenza e, quindi,  viene finalmente applicato l'articolo costituzionale negletto.
 
In virtù di questo, le Chiese Valdesi aprono la breccia in Italia. Altre comunità di fede seguono. Gli Ebrei due anni dopo. Pentecostali ed Avventisti poco dopo. Luterani e Battisti molto dopo. Le grandissime comunità di fede islamica, che oggi sono la seconda comunità religiosa in Italia, non hanno ancora nessun riconoscimento.
 
In virtù dell'intesa i Valdesi aderiscono al meccanismo di ripartizione dell'8 per mille con una performance di rilievo. I Valdesi sono 30.000 in Italia. Ovviamente non tutti hanno possibilità di destinare il proprio 8 per mille. Le firme che ha ottenuto la Chiesa Valdese erano 250.000. Quindi siamo ad una performance di 20 o 25 volte la consistenza della Chiesa Valdese. Con un aumento di firme del 10% nell'ultimo anno”.
 
 
La battaglia per la laicità
 
Stefano Albertini: Quindi il Paese apprezza quello che fate. Quali sono i motivi?
 
Maria Bonafede: “I motivi dell'apprezzamento? Quelli che ci scrivono, e sono in tanti, pongono l’accento sul fatto che siamo una Chiesa per la libertà. Si riferiscono al fatto che prendiamo posizioni aperte su diverse questioni etiche e sociali”.
 
Letizia Airos: Qualcuna di queste posizioni? E poi la vostra battaglia per la laicità colpisce…
 
Maria Bonafede: “Secondo noi le Chiese devono contribuire a creare il dibattito per dare il loro contributo, ma non entrare così pesantemente nelle questioni dello Stato, che deve essere autonomo nelle decisioni. Questa posizione è molto apprezzata.
 
Ci siamo espressi a favore della ricerca scientifica. Della possibilità di utilizzo delle cellule staminali, non solo adulte, ma anche embrionali. Sulle unioni civili. C’è stato poi il caso di Eluana Englaro, con cui ci siamo molto esposti. Io sono andata a trovare il padre di questa ragazza perché mi colpiva molto la sua storia. Lui, tra l'altro, ci ha chiesto se non ci fossero degli ospedali valdesi per sua figlia, ma non era possible. Noi gli ospedali valdesi in Piemonte non li abbiamo più, li abbiamo ceduti alla Regione anni fa.
 
Un’altra cosa che deve colpire sicuramente è che non usiamo i soldi l'otto per mille per la Chiesa. Il nostro Sinodo ha deciso tanti anni fa’, c'è stata un'animatissima discussione, prendiamo questi soldi ma li usiamo per il prossimo, per i servizi diaconali, per la cultura ma non per pagare i pastori, non per il culto.
 
La gente ci dice: ' voi non li usate per la vostra Chiesa, ma li usate per fare del bene, per costruire una cultura diversa, per aiutare sia in Italia che all'estero chi ha bisogno'. Poi noi pubblichiamo come spendiamo tutti i soldi al centesimo, sia sul sito che sul giornale nazionale.
 
Io ero contraria all'otto per mille perchè si tratta di una legge clericale, un sistema di finanziamento del cattolicesimo esteso ad altre chiese. Una legge per le chiese, poi lo Stato gira il suo otto per mille, non fa nessuna pubblicità, non dice come spende i soldi.
 
Devi proprio cercarlo perchè altrimenti non lo sai.
 
Noi abbiamo visto che possiamo fare delle cose belle. Sono anche andata in Africa a vedere un po' di progetti che abbiamo finanziato. E’ chiaro che in Africa si fa pure in fretta a sentirsi buoni. Porti un pozzo in un villaggio di 500 persone e le donne invece di fare sei chilometri avanti e dietro con un secchio in testa fanno 200 metri e hanno l'acqua. Troppo facile, però effettivamente questo è successo e credo che noi abbiamo una responsabilità , quella di gestire nel migliore dei modi questi denari che alla fine sono tanti. Quest'anno abbiamo avuto quasi sei milioni”.
 
Letizia Airos: Volendo trovare una parola chiave legata alla vostra attività, quale scegliereste? Responsabilità, laicità...
 
Paolo Naso: “A me piace molto la parola laicità. Laicità e senza aggettivi, nel senso che ora in Italia ricorre la moda di dire ‘la buona laicità’, ‘la santa laicità', io dico laicità nel senso di separazione tra Chiesa e Stato. Chiara, rigorosa e lineare, anche un riconoscimento che implica pluralismo, parola difficile da pronunciarsi in Italia. E’ evidente che anche l'Italia come tutta l'Europa è una realtà culturalmente, eticamente e socialmente sempre più variegata.
 
 
L'islam è la seconda religione per numero di partecipanti in Italia, Francia e Spagna. Ci sono importanti comunità che si sono costituite nel giro di pochissimi anni, come l'ortodossa, in massima parte grazie all’emigrazione dalla Romania. Quindi l'Italia sta cambiando, sta riformando il suo volto, il suo scenario religioso e quindi sta diventando un paese pluralista. E’ al tempo stesso un paese fortemente secolarizzato, con tassi di partecipazione alla vita religiosa molto bassi. Tuttavia, la raffigurazione pubblica e politica del paese è quella di uno Stato fortemente cattolico e basta. Non esiste, come in Irlanda per esempio, una ferma attenzione ai principi costituzionali di separazione tra Stato e Chiesa.
 
Ammetto che la mia personale passione nei confronti degli Stati Uniti è legata proprio al fatto che si tratta di un Paese ove esiste un modello di separazione tra lo Stato e le confessioni religiose da una parte, ma anche un modello di pluralismo confessionale che non ha paragoni nel mondo.
 

Da questo punto di vista siamo rimasti molto perplessi nel vedere come il mondo cattolico, in occasione della visita del Papa qui negli Stati Uniti abbia detto: 'che bello il modello americano'. Ciò denota un abbaglio forte. Il fatto che qui in America esista una comunità importante cattolica, con oltre 60 milioni di membri, non significa che non vi sia, ciò che il Papa contesta in Europa, una rigida separazione tra lo Stato e le confessioni religiose e quel pluralismo estremo che invece lui denuncia come deriva che porta al relativismo. Un pluralismo parente stretto di una concezione di indifferentismo religioso e spiriturale. E' sorprendente che gli piaccia l'America e poi in Europa invece contesti il pluralismo.

 
In Italia siamo arrivati al paradosso di un alto esponente della gerarchia cattolica, il Segretario generale della Conferenza Episcopale, il quale, in riferimento all'articolo 8 della Costituzione, che dice tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge, conclude: il fatto che siano egualmente libere non significa che abbiano gli stessi diritti”.
 
La Chiesa Cattolica e la libertà religiosa
 
Maria Bonafede: “C'è stata una grossissima agitazione nella Chiesa Cattolica contro la legge sulla libertà religiosa che noi abbiamo tanto sostenuto. Perché in fondo, tutti quelli che non hanno l'intesa, che sono la maggioranza in Italia, sono ancora regolati con le leggi del periodo fascista. E quindi non c'è una legge che consenta per esempio di affittare un locale di culto ad una chiesa. I pentecostali non possono ancora. Devono affittarlo al nome del pastore o ad altro nome perchè non c'è un'amnistia di culto”.
 
Paolo Naso: “Non c'è un matrimonio religioso celebrato da ministri di altre religioni che abbiano l'intesa con valore civile. Il che vuol dire che per fare una cosa giusta dal punto di vista legale è necessario sposarsi in comune e poi fare una cerimonia religiosa. Però, se esiste un sistema di parità costituzionale, questo dovrebbe essere implementato. Invece non è il caso”.
 
Il rapporto con lo Stato Italiano
 
Letizia Airos: E’ diventato più rigido negli ultimi anni l’atteggiamento da parte della Chiesa Cattolica o dello Stato Italiano?
 
Paolo Naso: “Lo Stato Italiano non ha una chiarezza di prospettive, si naviga a vista. Il governo Berlusconi precedente aveva provato a portare avanti delle intese. Il governo D'Alema prima ne aveva portate avanti due, il governo Berlusconi altre due, in particolare per Testimoni di Geova e Buddisti, aveva aggiunto altre sei intese e quindi anche gli Induisti, i Mormoni etc... Quindi sembrava intenzionato. Poi si è tutto fermato.
 
Prodi ha rilanciato le intese, ma non ha avuto la forza di approvarle, né tantomeno di approvare la legge quadro sulla libertà religiosa. Ora siamo ripartiti con delle nuove intese, in particolare forse va in porto una piccola decisione riguardo la Chiesa Valdese e la Chiesa Avventista. Io ho il fortissimo sospetto che la Lega impedirà l'approvazione definitiva delle vere intese nuove, perché riguardano anche la religione induista e la religione buddista che sanno di immigrazione.
 
E questo è contro il paradigma fondamentale, il mantra di questo Governo. Cioè non esiste un problema di immigrazione, non c'è una politica di integrazione da sviluppare. Quindi mi stupirei insomma se questo Governo si dovesse muovere nella direzione dell'approvazione di queste due intese”.
 
Meglio quando c’era la Democrazia Cristiana
 

Stefano Albertini: Qual'è il vostro bilancio da Valdesi? Voi avete questo punto di osservazione privilegiato di minoranza storica. C'è una diminuzione di laicità dello Stato? Erano più laici i democristiani?

 
 
Maria Bonafede: “Si, ora è veramente infelice doverlo dire”.
 
Paolo Naso: “ Io vorrei ulteriormente rafforzare, era proprio meglio. La presenza di un partito apertamente cattolico implicava che esso avesse una piena legittimazione nei confronti di quella che si intende come la più grande agenzia culturale che c'è in Italia, cioè la Chiesa Cattolica. Il Partito Democristiano non aveva bisogno di dimostrare nulla. Erano cattolici e quindi si potevano permettere, essendo pienamente legittimati, anche qualche distacco, anche qualche scarto".
 
Stefano Albertini: E poi anche all'interno del partito c'era un dibattito culturale...
 
Paolo Naso: “Si, c'era. Oggi i partiti del centro sinistra, tutti compresi, anche i partiti del centrodestra, non hanno questa sorta di marchio di qualità. Per cui è goffo vedere come, soprattutto i laici del centrosinistra, abbiano provato a legittimarsi nei confronti della Chiesa Cattolica, mostrandosi più realisti del re. Berlusconi, che pure poco ha a che fare con la tradizione cattolica e con il cattolicesimo un po' di tipo italiano, si dimostra o tenta di dimostrarsi come il bravo discepolo della dottrina morale e sociale della Chiesa Cattolica”.
 
Maria Bonafede: “E pensate che Rosy Bindi, che è una persona apertamente cattolica, continua a ribadire la necessità della laicità dello Stato”.
 
La riaffermazione delle radici cristiane in Europa
 
Paolo Naso: “Un secondo elemento, oltre a questa esigenza di legittimazione, a mio modo di vedere è l'evoluzione che c'è nel contraddittorio. Cioè: che cosa sta facendo questo Papa? Secondo noi sta provando a lanciare una grande battaglia culturale intesa alla riaffermazione delle radici cristiane dell'Europa. Quindi l'Italia ha un compito strategico, perché ritiene che la grande sfida contro il relativismo, la secolarizzazione, il pluralismo, si giochi non nel contesto globale, ma si giochi nella vecchia Europa. Da qui una sostanziale disattenzione nei confronti dei grandi processi del sud del mondo, anche della Chiesa Cattolica in Africa, in Asia ed in America latina. Una concentrazione sullo scenario europeo.
Una lotta molto ferma contro relativismo, modernità, pluralismo, che diventano parole chiave per definire un nemico da combattere. Da questo punto di vista il protestantesimo, essendo figlio di questa cultura della modernità, del pluralismo, della libertà di coscenza, non è più un interlocutore. In questo nuovo contesto cattolico, che vuole cristianizzare de iure, visto che de facto non ci riesce, le istituzioni europee, e quindi l'Italia come paese chiave, è chiaro che c'è una pressione sul corpo politico molto molto forte, infinitamente più forte di quanto ci debba essere in un contesto pluralista e secolarizzante come quello europeo”.
 
Stefano Albertini: Di fatto De Gasperi ha detto di no al Papa e nessuno poteva mettere in dubbio che De Gasperi fosse cattolico. Nessuno, quando lo fece con Pio XII per l'operazione Sturzo poteva mettere in dubbio la sua solidità.
 
Immigrazione ed Italia
 
Letizia Airos: Siete negli USA anche per un convegno su Chiesa e protestanti con particolare riferimento a tematiche legate alla questione immigrazione.
 
Paolo Naso: “Noi siamo preoccupatissimi. Nel senso che l'Italia ormai è un paese di immigrazione. Abbiamo 4 milioni di immigrati, sono il 6,6% della popolazione italiana. Quindi siamo entrati nella fascia medio alta del Paese, ad alta concentrazione migratoria in Europa.
 
Abbiamo una quota purtroppo crescente di irregolari, calcolata nell'ordine del 10-20% delle persone. E’ determinata dal fatto che in Italia non c' è una legge organizzata sull'immigrazione che consente un accesso regolare. Fatalmente vi sono accessi irregolari.
 
Perché se la porta è non dico socchiusa, ma è chiusa, fatalmente si entra dalla finestra, ed è quello che sta succedendo in questi anni. Il paradosso è che da una parte il Governo sotto il ricatto e poi la pressione di una sua componente importante, la Lega Nord, dice di non voler promuovere nessuna politica nuova, di immigrazione. Anzi tende a proporre un modello espulsivo con provvedimenti di allontanamento agli immigrati. Dall'altra, tutti gli indicatori economici ci dicono che l'Italia ha bisogno di una componente di immigrati, e lo dimostra il fatto che gli immigrati presenti in Italia hanno un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani.
 
Quindi l'impressione è che in realtà si stia proponendo un gioco di specchi, cioè che da una parte si dica no all'immigrazione, dall'altra si sia invece in qualche modo ben contenti che gli immigrati ci siano. Ne consegue un modello schizofrenico, che io definisco immigrazione senza integrazione. Cioè ci piacciono gli immigrati, abbiamo bisogno di loro perché lavorano bene. Ma detto questo non ci sentiamo impegnati in nessuna politica di stabilizzazione, di regolarizzazione, di integrazione. Alcuni esempi: in Italia non si ottiene mai la cittadinanza, se non in casi eccezionali. Questo vuol dire che dopo 20 anni di permanenza in Italia la persona non ha acquisito alcun diritto superiore a quello che è appena arrivato. Per le seconde generazioni è un problema drammatico”.
 
Stefano Albertini: Cioè i ragazzi nati in italia, da genitori stranieri, non ottengono la cittadinanza?
 
Paolo Naso: “Assolutamente, questo è drammatico. Ius sanguinis. In particolare c'è il problema dello Stato italiano e dell'attualizzazione delle norme. Si tratta di un procedimento che non ha automatismi, ed è affidato soltanto al caso, alla valutazione del singolo caso. Pura discrezionalità".
 
Stefano Albertini: Che poi sono tutte decisioni di polizia legate al Ministero degli Interni, non c'è una struttura deputata?
 
Maria Bonafede: “No, vi racconto per esempio il caso del pastore trogolese venuto a lavorare in Italia. Si tratta di una bravissima persona con famiglia. C’era una buona disposizione nei suoi confronti, era stato chiamato, aveva lettere di invito, il lavoro, la casa, tutto certificato. Eppure, quando è andato a chiedere notizie della sua pratica è stato maltrattato dalla polizia. Un funzionario ha strappato il suo foglio, per fortuna si era fatto due fotocopie. Se perdi quel foglio hai finito. Gli è stato strappato in quattro pezzi. Ha dovuto scrivere al prefetto per ottenere giustizia. Sono cose pesanti”.
 
Paolo Naso: “E aveva tutti i documenti per il visto, pensa un poveraccio... Un altro elemento che ci dice qualcosa del modello immigrazione senza integrazione sono le normali procedure burocratiche. Ad esempio: il permesso di soggiorno dura un anno, non puoi rinnovarlo prima della scadenza, ma soltanto dopo. Questo per avere il nuovo permesso di soggiorno, che tendenzialmente dura ancora un anno, massimo due anni. Tu hai bisogno di circa 9 mesi, 10 mesi, pertanto la vigenza del nuovo permesso di soggiorno e ancora 1 o 2 mesi. Talvolta, ti arriva quando è già scaduto. Tu sei virtualmente irregolare.
 
Quindi è la legge che produce irregolarità . Con la conseguenza che evidentemente c'è un'intenzione politica e non solo un deficit tecnico nel creare questa zona grigia.
 
Sostanzialmente l'idea è: vieni in Italia, lavori, ma sei invisibile. Devi essere invisibile e la valigia deve essere sempre pronta. Perché noi siamo nella condizione di esercitare una pressione verso il rientro e l'espulsione.
 
Questo meccanismo non funziona. Cioè, nei grandi modelli di immigrazione che si registrano in Europa, quello di una permanenza con una quota cosi alta di persone: 6,6%, senza una prospettiva di integrazione solida è un modello che implode. Quindi noi stiamo creando le premesse per delle brutte cose.
 
Per fortuna l'italia non ha le Banlieues, non ha le grandi concentrazioni, potremmo fare una buona politica di integrazione. Ma questo a condizione che si voglia investire nelle scuole, nella formazione, nei permessi per il lavoro, nell'assistenza sanitaria. Invece stiamo registrando una serie di norme che vanno nella direzione opposta. I ragazzi immigrati nelle classi per gli immigrati. L'assistenza sanitaria è garantita solo a chi ha soggiorno regolare. Il medico curante dovrebbe addirittura denunziare. Questo va comunque nella linea del messaggio subliminare: meno ti fai vedere nei luoghi pubblici, meglio è. Cosi si favorisce il nascere dei ghetti, si producono delle zone grigie, un mercato parallelo della sanità, uno dei permessi di soggiorno”.
 
L’opinione pubblica italiana e la diversità
 
Letizia Airos: E ci sono anche provvedimenti da parte di amministratori locali. Come a Lucca, dove si bandiscono ristoranti etnici nel centro della città…
Stefano Albertini: Questo vuol dire cancellare l'identità. 'ci siete va bene, ma non fatevi vedere e soprattutto non siate visibili con la vostra diversità'.
 
Letizia Airos:  Sta secondo voi cambiando in peggio l'atteggiamento dell'italiano medio nei confronti del diverso? Queste leggi riflettono l’opinione pubblica o quantomeno aumentano la distanza?
 
Maria Bonafede: “Determinano, in parte lo riflettono, ma dipende dai posti. Ci sono dei paesi del bergamasco in cui non si respira, il ‘se ne tornino a casa’ è molto diffuso, anche nei bar, dovunque senti parlare male degli immigrati. Però secondo me un po' lo si determina, si creano le premesse. E’ chiaro che se un medico è libero di denunciare un irregolare questo non ci va più all'ospedale. Si ammalerà di più e si creeranno degli ospedali clandestini”.
 
L’elezione di Obama e gli italiani
 
Daniele Ministeri: Da questo punto di vista, l'esempio di Barack Obama, un uomo di colore eletto Presidente degli Stati Uniti, può evere una qualche influenza anche sull'opinione pubblica italiana?
 
Maria Bonafede: “Ovviamente abbiamo tutti tifato Obama, almeno io personalmente. Ero in un convegno pieno di africani quando è stato eletto e ho capito lo spostamento dell'asse da come questi, a cui in fondo non importa niente perché vivono in paesi africani, erano felici e aspettavano queste elezioni come il riscatto dell'umanità. È cambiata la guida del mondo, è cambiato il nostro posto nel mondo. Invece gli italiani questo secondo me lo hanno percepito in pochi. Appunto, Berlusconi fa battute sul Presidente 'bello e abbronzato' e finisce lì…”.
 
Paolo Naso: “Non collegano. Innanzitutto perchè qui si parla di immigrazione, non di immigrazione africana. Per esempio, l'italiano medio, oggi è rumeno. Il problema quindi è uno bianco, ieri era il rom. Il governo Prodi, tra le altre cose, è caduto sulla questione rom perché si era creata una campagna mostruosa manipolando tragedie che hanno colpito la Chiesa Valdese.
La signora Reggiani, uccisa da un rom, era membro attivo della Chiesa Valdese di Roma. Per fortuna la famiglia e la chiesa stessa hanno detto: 'giustizia e non vendetta. Non generalizziamo, quello è un criminale. Prendetelo, ma non facciamo le ronde e le campagne contro i rom'. Hanno avuto un ruolo di moderazione ma non capita sempre così.
 
Da parte dell'opinione pubblica italiana c’è sicuramente un grandissimo interesse e una grande aspettativa per Obama, anche da parte dei moderati o addirittura conservatori, ma diciamo che ancora non c'è assolutamente il senso di nesso tra quello che Obama sta facendo in materia di welfare, in materia di azione sociale degli Stati Uniti e quello che invece sta accadendo in Italia. Lì si viaggia veramente su un altro piano, quindi direi che il fattore Obama in Italia non gioca”.
 
Il viaggio negli USA. L’antica comunità Valdese in Nord Carolina
 
Letizia Airos: Torniamo a questa vostra visita negli Stati Uniti.
 
Paolo Naso: “Siamo stati a Grand Rapids nel Michigan, dove c'è la sede della chiesa riformata americana. Poi siamo stati a Louisville Kentucky, dove ci sono gli uffici e la sede della chiesa presbiteriana. Poi siamo stati a Vosendorf North Carolina per questo simposio. Siamo stati a Konnectady per una consultazione ecumenica. L’intento è quello di creare un Network ecumenico negli Stati Uniti di sostegno all'American Protestant Society”.
 
Letizia Airos: E so che siete stati anche nel Nord Carolina dove c’è un insediamento di Valdesi...
 
Maria Bonafede: “Si, dalla fine dell'800, e la cittadina si chiama proprio Valdese.
Arrivò lì un presidio di circa 150 persone. E lì abbiamo anche la sede della Waldesian Society, l’ associazione di collegamento, di sostegno dei Valdesi in Italia. La visita era anche per questo motivo. Però, certo, c'è una comunità insediata di persone italiane che parlano ancora italiano, anzi il dialetto delle valli valdesi. Erano immigrati per fame nel corso delle ondate di emigrazione, ma ora sono tutti ricchissimi. Sono circa 250 persone”.
 
Marina Melchionda: Invece a New York non esiste più una Chiesa Valdese?
 
Maria Bonafede: “Non c'è più. Da una quindicina d'anni l'hanno chiusa perchè erano tutti vecchietti. I figli, quelli che diciamo sono rimasti protestanti, si sono integrati con le chiese presbiteriane locali e metodiste.”
 
Il rapporto con la Chiesa Metodista
 
Marina Melchionda: Quindi vi sentite rappresentati a New York dalla Chiesa Metodista?
 
Maria Bonafede: “Noi in Italia siamo una Chiesa integrata; Valdesi e Metodisti dal '75 sono diventati una Chiesa. Adesso stiamo cercando di rivedere anche questo, ma i rapporti ecumenici internazionali li abbiamo mantenuti separati. Perché per molto tempo la famiglia metodista parlava con i metodisti europei ed americani e venivano sostenuti da loro e, viceversa, noi parlavamo con i metodisti italiani. Adesso non è più così, perché ci sono altri paesi che hanno più bisogno dell'Italia di essere sostenuti, non ci sono più le missioni in Italia. Però manteniamo questa amicizia di denominazione, per cui se un Valdese entra in una chiesa riformata americana trova la stessa struttura, lo stesso modo di pensare, di votare, di vivere l'organizzazione”.
 
Il Valdese, il territorio di appartenenza, italianità e cosmopolitismo
 
Letizia Airos: Come è il rapporto del Valdese con il territorio, con la cittadinanza?
 
Paolo Naso: “E' complicato, nel senso che esistono due anime: una valdese, fatalmente legata al territorio delle Valli Valdesi, un territorio storico, un territorio eloquente, i simboli, i luoghi storici, i luoghi delle persecuzioni, i luoghi dell'emancipazione, quindi c'è un rapporto strettissimo, oserei dire fideistico, con il territorio".
 
Letizia Airos: Con l'Italia invece?
 
Paolo Naso: “Esiste un'altra anima, che non è in opposizione, ma in dialettica. A cui io appartengo, come il mio cognome ben evidenzia, ed anche la moderatora. Siamo evidentemente italiani, non siamo Valdesi etnici, la mia famiglia viene dalla Sicilia, la sua anche, ed invece la mia percezione è piuttosto una percezione cosmopolita, universalistica. Io sono cresciuto nell'idea che sono valdese, di una piccola chiesa riformata, in un piccolo posto dell'Italia, ma faccio parte di un universo culturale, teologico, simbolico, che ha una rilevanza mondiale. Quindi sono due sensibilità diverse: una territoriale, molto importante, e l'altra secondo me, non meno rilevante e fortemente universalistica. Cioè, il modo della piccola minoranza di rafforzare la propria identità è quello di sentirsi parte di qualcosa di molto più ampio”.
 
Maria Bonafede: “Io direi che per tanto tempo i riferimenti culturali erano per i valdesi dell'Europa e delle Valli Valdesi del Piemonte, non era l'Italia, ma la Francia o la Svizzera. Loro sono diventati italiani in qualche modo ed hanno anche una propria vita. I pastori fino all'inizio del '900 venivano formati a Ginevra o in Francia, ma non c'era una scuola teologica, non c'era neanche la libertà di girare”.
 
Chiesa Valdese e percorsi di studio
 
Stefano Albertini: Adesso invece avete una facoltà a Roma?
 
Maria Bonafede: "Si, si, a Roma, e serve alla Chiesa Valdese, ma anche alla chiesa metodista. Persino i Battisti e i Luterani italiani vengono nella scuola valdese".
 
Paolo Naso: “Uno degli scopi della nostra visita è legato al fatto che già nel 2008 abbiamo realizzato una Winter School a Roma, in collaborazione con 5 winter schools e seminari americani. Questa stessa esperienza si realizzerà anche nel 2010. Ha avuto un grande successo, nel senso che l'avevamo modulata per 11 o 25 partecipanti che invece sono stati 40, che hanno fatto diversi percorsi curriculari, alcuni di natura più tipicamente teologica, quindi archeologia biblica, archeologia dei primi secoli... Altri invece di natura più sociale e politica, quindi dialogo inter-religioso, sociologia delle religioni, pluralismo e laicità nel contesto europeo. Inoltre questo è un invito aperto. Nel 2010, quando sarà rinnovato, se alcuni studenti della NYU ci volessero raggiungere saremmo molto contenti”.
 
Cosa vuol dire essere un pastore donna
 
Letizia Airos: Per concludere, una domanda tutta al femminile. La sua esperienza come donna pastora...
 
Maria Bonafede: “Devo dire due cose: innanzitutto credo che sia un'esperienza più femminile che maschile, infatti nella Chiesa mi sembra che l'ingresso delle donne crei più circolarità dell'informazione, più collaborazione, senza perdere autorevolezza.
 
E’ importante il fatto di poter mettere molto più in comunicazione le persone nella chiesa e dare valore a tutte le persone, riuscire a trovare dei compiti, insomma, vedere cosa uno sa fare e metterlo in condizione di farlo, e di dare del suo.
 
Questo a me sembra una cosa che è aumentata con l'introduzione delle donne nel ministero. Devo dire che in Italia le cose sono cambiate. Quando io ho cominciato nell'84 c'era molta resistenza alle donne in Chiesa. Diciamo che è dal'62 che esiste il ministero femminile.
 
Nell'84 io sono andata in una Chiesa dove, io non lo sapevo, avevano votato 10 anni prima nell'ordine del giorno che non avrebbero mai ricevuto una donna pastore. Poi le cose sono cambiate e la tavola di allora mi invitò.
 
Io non sapevo questa cosa, ne me l'avevano detta. Sono arrivata ed ho avuto delle famiglie che non venivano in chiesa. Me l'hanno detto chiaro, ed era a Brescia. Anzi, paradossalmente la decisione, il meccanismo che ha portato al sì per il ministero femminile viene dalla Sicilia, dal sud Italia, non dal nord.
 
Lì son stata ricevuta molto male all'inizio. C'era uno che faceva il giardiniere, lo vedevo sempre in giardino, con molto amore per lui e per la chiesetta. Un giorno gli chiedo: 'Perché non vieni in chiesa?'. Risponde: 'Non mi interessa'.
 
Dopo quindici giorni mi ha finalmente confessato che io ero la causa. Gli ho fatto notare che io non potevo cambiare la mia identità, ma che lui avrebbe perso la sua comunità. Diciamo che dopo Natale superò tutto. Con la conoscenza ci si rende conto.
 
Questo problema oggi non esiste più. Le chiese ricevono pastori e pastore senza problemi”.
 
Letizia Airos: E' più difficile per una donna?
 
Maria Bonafede: "No, io credo che sia più semplice, non c'è più da dimostrare. Io sono la prima donna eletta in una Chiesa autonoma, perché le Chiese più grandi sono autonome ed eleggono il loro pastore. Io ero a Roma perchè mio marito era stato chiamato ad insegnare alla facoltà. Quindi da Brescia sono andata a Roma per motivi di famiglia, diciamo.
 
Poi ho cominciato a lavorare un po' come aiuto pastore. Quando poi il pastore è andato in pensione mi ha votata. Solo dopo 10 anni ho letto i verbali della mia elezione. C’era scritto: ‘E' una donna, ma ha il marito che è pastore ed insegna, quindi c'è una garanzia. Ha un bambino piccolo, però ha due lauree...’. Ci voleva qualcos'altro? Due lauree ed il marito che insegna indicavano garanzia di stabilità. Non bastava avere i titoli giusti per essere eletti a Roma. Evidentemente ci voleva qualcosa di più: che io fossi già laureata in un'altra disciplina ad esempio.
 
E poi non riuscivano a dire pastore, per cui ecco: professoressa, dottoressa, maestà, reverenda madre! In una casa di riposo è arrivata una suora dicendo: 'Come la devo chiamare? Reverenda Madre?'. Le ho detto 'Io un bambino ce l'ho, quindi se mi vuole chiamare reverenda madre o solo madre!".
 
Daniele Ministeri: E' così è nato anche il termine Moderatora?
 
Maria Bonafede: “Si, questo termine è brutto, però è stato coniato dalle donne della Chiesa. Io non l'ho cambiato, volevano sottolineare che dopo '800 anni era la prima volta. Loro hanno detto, qui è cambiato qualcosa. C'e' qualcosa di molto diverso, non si tratta soltanto di femminile e maschile, ma di un'era nuova. Comunque ognuno lo dice come vuole".

 

 
Brevi cenni sulla Chiesa Evangelica Valdese
 
La Chiesa Evangelica Valdese è una chiesa riformata di tradizione valdese. Presente da quasi un millennio in Italia, ha fedeli nelle cosiddette Valli Valdesi, ma anche sparsi sul territorio italiano e partecipi di una storica diaspora .
 
Va ricordata l'isola linguistico-religiosa di Guardia Piemontese in Calabria (CS), dove la popolazione, pur non professando ormai la fede riformata valdese, a seguito della strage del 1561 ad opera dell'inquisizione romana, parla ancora un dialetto provenzale. Molti di loro sono anche presenti all’estero, in particolare in Argentina e Uruguay.
 
Dopo molti secoli di dure persecuzioni, i valdesi hanno acquistato la libertà legale nel 1848, sotto Carlo Alberto. Da allora la Chiesa Valdese si è sviluppata e diffusa in tutta Italia.
 
Dal 1975 è unita alla Chiesa Metodista Italiana, dando vita all'Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi.
 
In Italia il dialogo ecumenico con la Chiesa Cattolica è sempre stato difficile, soprattutto a causa di questioni etiche e morali. Nel corso della storia l’impegno politico della comunità Valdese è stato molto importante e diversi suoi esponenti sono stati anche eletti nel Parlamento italiano.

 

 
La Pastora Maria Bonafede è stata la prima donna moderatora della Tavola Valdese (l'organo esecutivo del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi).

 
Il Professor Paolo Naso, insegna Scienze Politiche all’Universita di Roma, La Sapienza.
Il suo campo d’interesse prioritario è nel rapporto tra religione e politica. Tra le sue pubblicazioni: : Il verde e l'arancio. Storia, politica e religione nel conflitto dell'Irlanda del nord, Claudiana, Torino, 1997; Il mosaico della fede. Le religioni degli italiani, Baldini e Castaldi, 2000; God Bless America, Le religioni degli americani, Editori Riuniti
 
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(Articolo realizzato grazie alla collaborazione di Daniele Ministeri, Marta Donatone e Marina Melchionda)

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