Articles by: Emanuela Medoro

  • L'altra Italia

    Sette anni dopo. L'Aquila che cambia


    Nei miei primi ricordi il palazzetto rossiccio di Viale F. Crispi, 7, era la ex gil, la palestra necessaria per le due ore di educazione fisica settimanali degli studenti delle scuole medie e del liceo classico, che, collocati in edifici antichi, erano prive degli spazi necessari per quella attività. Poi il palazzetto divenne la sede dell’ISEF, l’istituto superiore di educazione fisica. 




    Oggi, trasferiti altrove atleti ed esperti di educazione motoria, il palazzetto restaurato, rimesso a nuovo e ridipinto subito dopo il sisma è sede di una prestigiosa istituzione nuova di zecca: ie IL GSSI è una scuola superiore universitaria, fu istituita ufficialmente nel 2012, e attivata a partire dall’anno accademico 2013-2014. Organizza corsi di dottorato triennali per laureati provenienti da tutto il mondo, le aree di ricerca sono: Fisica, Matematica e Scienze Sociali. La lingua ufficiale dell’istituto è l’inglese. 
     


    Accanto a questa istituzione di prestigio, cito Il MUNDA, Museo Nazionale d’Abruzzo, collocato nel fabbricato ex mattatoio, accanto alla Fontana delle 99 Cannelle. Arricchisce le architetture di una zona rilevante per le origini della città e mostra l’evoluzione delle arti figurative nella regione Abruzzo. Tanti presepi e tante madonne, una galleria di autentici volti abruzzesi del passato. E poi, non dimentico il restauro della cinta muraria, illuminata e ben visibile di notte lungo il viale della Croce Rossa, segna il centro storico della città con un prestigioso ed antico elemento architettonico. 



    Queste realizzazioni, i numerosi cantieri con i lavori in corso, tante case private, non ancora tutte, rimesse a nuovo, palazzetti del centro restaurati ma, purtroppo, non ancora pienamente abitati come prima del sisma, gru in movimento che ancora segnano e segneranno a lungo il panorama della città, mi consentono di guardare con un po’ di ottimismo al futuro della città. 



    Sì, penso che un futuro dignitoso questa città ce lo abbia ancora, nonostante le lamentele eterne di quelli che, pessimisti a tutti i costi, la descrivono come una malata terminale. Sono quelli che, salvatisi quella orribile notte dai crolli, ospiti in hotel lungo la costa abruzzese, si lamentavano per futili motivi. Quelli che, avendo avuto case vecchie di mezzo secolo abbattute e ricostruite, si lamentano per il colore delle mattonelle e la qualità degli infissi. E ancora, in un crescendo rossiniano, tanti si lamentano per lo spopolamento della città, nonostante si vedano in giro carrozzine e nonni aquilani indaffarati con i nipotini. 



    E, gran finale, lamentazioni e proteste infinite scorrono per lavori che si interrompono, ditte che falliscono, flussi di danaro che scorrono lentamente ed episodi di malaffare. Profondamente solidale con tutti i concittadini che quella notte hanno perso persone care e beni necessari, non mi lamento di nulla, anzi, mi ritengo fortunata per gli aiuti ricevuti nel 2009, e, soprattutto, mi ritengo fortunata per aver avuto la possibilità di rendermi utile nel volontariato CRI nel momento di maggior bisogno. Sono certa che l’Aquila stia rinascendo, più bella di prima.

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    Umberto Eco e le 40 regole per scrivere bene in italiano


    Unisco la mia voce al coro che si leverà in questi giorni in memoria dello studioso, del critico, filosofo, semiologo e romanziere Umberto Eco. Mi sento un po’ inadeguata per questo compito, perciò per incominciare a ricordarlo, uso la sua parola, geniale e cito l’inizio della sua 24° regola per scrivere bene in italiano. 
    E’ una de Le 40 regole per scrivere bene in italiano, contenute in La Bustina di Minerva, edito da Bompiani, un prezioso, straordinario contributo, pieno di sorridente ironia, per l’uso parlato e scritto della lingua italiana. Nella scrittura di ognuna di queste regole compare l’errore da evitare, e così con un brillante e giocoso intreccio fra il dire e il suo contrario, l’autore spinge il lettore a riflettere e capire. “Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri, evitando frasi lunghe - o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento – affinché etc. etc.” Dunque, cercherò di essere concisa e di condensare i miei pensieri.   
    Umberto Eco aveva una cultura vastissima, era noto per i suoi studi che partendo dalla filosofia spaziavano in vari campi: semiotica, estetica medievale, linguistica. Qualcuno lo ha definito massmediologo. Era uno scienziato che si rivolgeva non soltanto a pochi studiosi suoi pari, ma comunicava contenuti originalissimi anche ad un vasto pubblico. E così divenne per me e per tanti altri della mia generazione un maestro di pensiero, un amico che ha donato tante piacevolissime ore, sorrisi e risate vere, di quelle che vengono dal cuore. Umberto Eco aveva spirito ed una intelligenza brillantissima che usava nell’invenzione di giochi di parole, per svelare significati nascosti, per esprimere riflessioni su cui si poteva parlare e discutere a lungo con quelli che apprezzavano le sue parole e la sua cultura. Non tutti, però, lo apprezzavano, ricordo che alcuni ne rifiutavano sia contenuti che i modi di comunicarli e non riuscivo a capire le ragioni, spesso vaghe e incomprensibili, poiché ignoravo le radici e i motivi di culture troppo lontane dalle mie.
    Conobbi ed amai questo grande pensatore alla fine degli anni ’70, con Il Nome della Rosa. Questo romanzo fu   una sorpresa, una fantasmagoria, un fuoco d’artificio di cultura medievale, usata per creare un mistero, diciamo pure un giallo, un thriller da risolvere, che ha generato o fatto rivivere il gusto per le favole ambientate in epoca medievale, rivissute con la fantasia.
    E poi di seguito, Umberto Eco ci ha donato tante piacevolissime letture, fra cui cito: Baudolino, L’Isola del giorno prima, La misteriosa fiamma delle Regina Loana, Numero zero, Il Cimitero di Praga. Quest’ultimo libro meno piacevole degli altri, lascia della nostra storia recente una immagine terribile, di difficile comprensione, piena di zone oscure, impenetrabili intrighi e personaggi loschi.  
    Come insegnante, ritengo opportuno chiudere questo breve ricordo di Umberto Eco con alcune delle sue quaranta regole per scrivere bene in italiano, ed anche in altre lingue, secondo me.  Attenzione all’errore:
    - Evita le allitterazioni anche se allettano gli allocchi.  

    - Non è che il congiuntivo va evitato, anzi che lo si usa quando è necessario.
    - Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
    - Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del di scorso.
    - Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”.
    - Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
    - Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
    - Metti, le virgole, al posto giusto.
    - C’è davvero bisogno di domande retoriche?


    Mi auguro che le professoresse ed i professori di lettere vogliano ricordare Umberto Eco divertendosi con i propri studenti a leggere e commentare le Sue 40 regole.
     

     

  • Opinioni

    E fratello Bernie cita Dante ...




    Sorelle e fratelli, in solidarietà, l’apertura e la chiusura delle lettere circolari di Bernie Sanders. Dice di rappresentare le classi medie, come dichiarato durante l’ultimo dibattito con Hillary Clinton, osservando che lei rappresenta la élite del potere di Washington. Reazione pronta di lei, che, visibilmente irrigidita, dichiara con fermezza di rappresentare le donne americane. 




    Discutibile questa affermazione visto che è già stata otto anni alla Casa Bianca. Di sicuro Hillary Clinton rappresenta bene le mogli di presidenti e di altri uomini di potere, per il resto, secondo me, lei rappresenta la parte pragmatica, di governo, del partito democratico, esercitata in anni di cariche politiche ad alto livello, ma è priva di una dimensione onirica che riesca a suscitare sogni e speranze.





    Hillary Clinton ha buone possibilità di vincere la battaglia finale per la presidenza, per la qualità discutibile e il grande numero di contendenti in casa repubblicana, che dimostrano la mancanza, fino ad ora, di un leader riconosciuto dal partito intero. Per ora deve vedersela con Bernie Sanders nel corso del cammino delle primarie che terminerà in giugno.




    Bernie Sanders è portatore di una dimensione culturale e di contenuti sociali e politici che ricordano i sogni e le speranze dei giovani europei di tanti decenni fa, realizzati in parte dalle socialdemocrazie di alcuni stati del nord Europa. Uno dei punti chiave del suo programma di governo è la lotta allo strapotere di Wall Street, espressa in modo miracolosamente comprensibile anche a non specialisti della finanza, in una lettera circolare di cui riporto un solo punto, quello sull’usura.




    “Avidità, frode, disonestà e arroganza, le parole che descrivono meglio Wall –Street oggi…dobbiamo disfare le banche e il loro gioco d’azzardo per cambiare l’industria della finanza e concentrarci su provvedimenti a favore delle classi medie…” Seguono otto punti, fra cui riporto quello sull’usura: “…Inaccettabile che milioni di americani paghino interessi sulle carte di credito del 20-30%. La Bibbia ha un termine per questa pratica. Si chiama usura. Ed anche nella Divina Commedia Dante riservò un posto speciale nel settimo girone dell’Inferno (Seventh circle of Hell) per i peccatori che caricavano tassi da usurai. Oggi non abbiamo bisogno del fuoco dell’inferno o dei forconi, non abbiamo bisogno di fiumi di sangue bollente, abbiamo bisogno di una legge sull’usura…” 




    Ma fosse che fratello Bernie possa realizzare il sogno sessantottino della immaginazione al potere? L’America ci ha riservato la sorpresa della presidenza Obama, primo nero alla Casa Bianca, ed ora ecco un sognatore colto, raffinato, dai capelli bianchi e non più nel mezzo del cammin della sua vita, anzi in terza età. Consapevole che la cultura spaventa le masse di ignoranti che infine troveranno rifugio tra le braccia del rassicurante populismo di qualche miliardario, repubblicano o indipendente se si presenta Bloomberg, nell’attesa dell’improbabile, quasi miracoloso evento di fratello Bernie alla Casa Bianca, mi rileggo qualche canto di Dante. 

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    La libertà dalla paura


    Commento dell’ISIS: “Colpita la capitale di abominio e perversione”. “Vi colpiamo per punire il vostro Presidente per l’attacco in Siria”, hanno esclamato i terroristi nel luogo del loro attacco, dopo aver invocato Allah, al di sopra di tutto, grande e misericordioso. Una immane barbarie su persone inermi, del tutto ignare e inconsapevoli, che ascoltavano musica, assistevano ad una partita allo stadio, incontravano gli amici al bar. Attacchi vigliacchi alla nostra normalità quotidiana, pensati da menti fanatiche, che coprono importanti interessi di natura terrena sotto il mantello di una religione che, tramite un Dio definito grande e misericordioso, carica di odio verso gli infedeli, incoraggia il martirio per avere un posto in paradiso, e trascina nel proprio destino di morte gente innocente, disarmata, inerme.


     Sento questo attacco feroce come un aggressione alla nostra cultura, ai pensatori grandissimi dell’illuminismo, alla clarté cartesienne, al cogito ergo sum, al teatro di Molière, ai valori della rivoluzione borghese per la libertà, eguaglianza e fraternità, alle voci straordinarie e uniche di Edith Piaf e Yves Montand, a tanti bei film francesi, e perché no? anche alla magnifica baguette croccante e leggera che solo loro sanno fare.


    Tuttavia, insieme agli ideali della rivoluzione francese, mi viene in mente l’immagine raccapricciante di uno strumento di morte, la ghigliottina, che fu inventato proprio allora per sbrigare meglio il lato sanguinario della rivoluzione. Mi tornano in mente anche le sanguinose ombre del nostro passato. Non siamo innocenti. I libri della nostra storia, fatta di santi, navigatori ed eroi, sono dalla parte dei vincitori. Dalla parte dei vinti, dei sottomessi e dei colonizzati c’è una storia di violenze, espropri e genocidi, radici profonde ed antiche del diffusissimo odio contro il mondo occidentale.  


    Attraverso alterne vicende siamo arrivati al terzo millennio e stiamo subendo qualcosa di nuovo nella nostra storia. Siamo impreparati dinanzi a tanta ferocia, orrore e disprezzo di ogni norma dell’umanità. Sebbene l’occidente abbia la responsabilità dei crimini dei secoli scorsi, oggi le grandi e le piccole potenze hanno il dovere di organizzarsi, superare le beghe campanilistiche, per prevenire e combattere adeguatamente questa barbarie.


    Una barbarie che priva tutti, in Europa, in Italia e a Roma, sede della Città del Vaticano, di una libertà fondamentale, la libertà dalla paura.   


    Che fare?  Si sentono analisi, tesi e ricette, spesso contrastanti. Quasi impossibile orientarsi e capire. Cito ad esempio i pensieri di due toscani. Il pensiero di Oriana Fallaci, fiorentina: “Diventeremo l’Eurabia, il nemico è in casa nostra e non vuole dialogare”, e quello del disinvolto giovanotto di Pontedera che ci governa, che con tipico ottimismo dice: Vinceremo.


    Come, quando e dove, per ora è poco chiaro.


       


     

     

     


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    Raccogliendo i pensieri su Expo a Milano




     Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a visitare parecchi padiglioni di EXPO. Provo a sintetizzare l’impressione generale in poche parole: questo EXPO è un gigantesco festival del multimediale, sul tema del cibo. I partecipanti hanno usato i più aggiornati e sofisticati mezzi di comunicazione per mostrare al pubblico panorami, prodotti, usanze, riti, storie e personaggi. Dopo averne visitati un po’, resta nella mente una immensa confusione di immagini, suoni e colori che si fondono fra di loro, in un caos cangiante, fantasmagorico. Da tutto questo cerco di ricavare qualche pensiero.    


    Tutto nel mondo del virtuale, dunque, tranne la Francia.  I francesi mi sono sembrati geniali ed anche spiritosi in concreta semplicità. Hanno occupato gran parte dello spazio loro riservato creando un orto vero, non virtuale, rigoglioso, curato da mani esperte, completo di verdura e frutta. Bravo chi riesce a capire cosa ci manca. Superato il vialetto che attraversa l’orto, si accede ad un capannone al centro del quale si trova una specie di torre coperta di padelle, tegami, pentolini e pentoloni.  E tutt’intorno tavoli che mostrano il cibo. In vendita al termine del percorso croque baguette au jambon, delizioso. La cucina francese mostrata alle masse. E così i bambini capiranno che le patatine fritte non crescono nei supermercati.


    Al contrario, deludente il padiglione dell’Iran, che mostra immagini multicolori ed accattivanti di decine e decine di specie diverse di melograni. Giunti dopo tutto questo guardare al loro bar, ho chiesto una spremuta di melograno, “No, noi non ce l’abbiamo”.


    Memorabile una battuta semplicissima, sentita nel filmato del padiglione degli Emirati Arabi Uniti. Uno dei più popolari, creato dall’architetto inglese Norman Foster, ispirato al paesaggio ed alle architetture del deserto.  Il filmato, protagonista una bambina che fa un viaggio indietro nel tempo, mostra come vivevano i suoi nonni nel deserto e come vive lei, oggi, a Dubai. La bambina porta una maglietta firmata vistosamente. E il dialogo del primo approccio con la nonna viene fuori così. La nonna: “Armani?” La bambina: “No, io sono Fatima”.  


    Un pentimento: essere andate a mangiare al ristorante cinese. Memore di bei pranzetti fatti a ristoranti cinesi noti, ho affrontato la fila sicura di trovare belle sorprese. Il contrario. Per sbrigarci alla cassa io e la mia amica abbiamo chiesto due menu fissi, l’A e il B, che sulla carta avevano tante belle cosette. Invece, abbiamo potuto gustare solo il brodino iniziale, gradevole.  Quasi tutto il resto, è rimasto lì. Ed ho concluso il pasto addentando una mela che portavo con me. Come può spiegarsi questa cosa? è quello il vero cibo cinese? Ciò indicherebbe che i piatti offerti nei ristoranti sono adattati ai nostri gusti. Oppure quel cibo è di qualità scadente, preparato in modo frettoloso, e proprio sgradevole? Mistero.  


    E siccome non di solo pane si vive, il padiglione del Vaticano ha messo al centro del suo spazio un tavolo, tutt’intorno sono proiettate dall’alto una serie di mani che si muovono ed operano, al centro simboli religiosi che unificano e finalizzano l’attività umana. Bello, semplice e significativo.


    Per quanto ho visto, posso dire che i padiglioni più popolari sono quelli dei paesi emergenti, penetrati da poco nella nostra cultura. Suscitano, infatti, una curiosità che crea file di ore ed ore. Non così, gli USA. File brevissime, lì. Sappiamo tutto del loro cibo e degli effetti sulla popolazione.  Appena entrati nel padiglione americano il Presidente Barack Obama, snello, giovane e sorridente, dà il benvenuto, ricambiato da saluti e bacetti volanti.


    Per concludere, ho notato che l’Abruzzo è rappresentato dallo Chef Niko Romito, dalla facciata delle Basilica di Collemaggio a Casa Italia, rielaborata da effetti ottici sorprendenti e coinvolgenti, e dallo zafferano. Per la prima volta ho sentito che una sua molecola potrà curare una seria malattia degli occhi, e dunque la sua produzione è oggi collegata con l’industria farmaceutica.  


    Infine, da ricordare che tutti i padiglioni, progettati dalle migliori menti dell’architettura e del design, al termine dell’EXPO Milano 2015, saranno smontati, trasportati nei paesi d’origine e rimontati a ricordo della partecipazione. Rimarrà dunque nella zona di Milano uno spazio enorme, vuoto, da riempire chissà come, segnato solo da Casa Italia e dall’Albero della Vita. Il futuro dei nostri figli e nipoti.



         

     

     


  • Opinioni

    La bandiera americana sventola all’Avana

  • Arte e Cultura

    Il miracolo di Roberto Benigni


    Le letture dei canti dell’Inferno di Dante donateci da Roberto Benigni, grandissimo attore nato in Toscana, hanno fatto un miracolo grandissimo, mi hanno fatto riaprire il libro della Divina Commedia, per seguirne la lettura e capirne il significato.


    Cosa che avveniva solo a scuola ai tempi del liceo, quando un professore volenteroso ci leggeva un canto alla settimana. Allora mi sembrava di capirci qualche cosa, successivamente i miei rapporti con il Divino Poeta si sono limitati a sporadiche frequentazioni, senza risultati. Parimenti senza risultati, l’ascolto delle letture proposte da altri famosi attori che si sono cimentati con Dante. Dopo il mio coscienzioso ascolto delle loro esibizioni, mi rimaneva a mente il suono delle voci, la musica della lingua, ma non il significato del testo. Ero infine mortificata della mia ignoranza, e frustrata nel desiderio di capire qualcosa di ciò che era stato letto.

    Diversamente va l’esperienza dell’ascolto delle letture del toscano Roberto Benigni. Per un lungo periodo ho quasi snobbato queste letture, mi sembrava che un attore geniale, dalla mobilità felina, che entra in scena con musiche, ritmi e movenze da circo equestre di felliniana memoria, di fatto svilisse la divinità del testo. Fino a quando, una sera, vedendolo, mi sono accorta che con le sue spiegazioni, vivacissime e spontanee (almeno apparentemente), capivo, vedevo come in un film, le scene del canto. Con le parole ed i gesti dell’attore arrivavo a cogliere il significato dei versi e delle terzine, ed infine, quando lui recitava il canto per intero, coglievo bene il significato.

    Tutto all’improvviso si è chiarito. La spiegazione fatta da R. Benigni con parole e con mobile e vivace gestualità getta luce sul significato del suono delle parole, dello straordinario uso del linguaggio del Divino Poeta. I significati delle scelte lessicali, dei giochi di parole, dei suoni, lunghi o brevi, lievi o forti, dolci e armoniosi, oppure stridenti e volutamente sgradevoli, le rime ed i ritmi, tutto emerge chiaro dall’arte scenica di R. Benigni.

    Insomma il toscano R. Benigni illumina il suo personale sentire della poesia di Dante, la “sente” col cuore oltre che con la mente, e riesce a comunicare il suo sentire, sottolineando tutti gli aspetti popolari e realistici di una poesia e di un linguaggio sempre più lontani dalla nostra sensibilità, anche se frasi e parole di quel testo sacro sono profondamente penetrate nella lingua italiana, per vie misteriose ed ignote.


    Il miracoloso risultato di tutto questo è che ho ripreso il testo, questa volta con molto piacere, per seguire le sue letture sulla pagina scritta invece di guardare lo schermo luminoso, anche se la scena mostrata, la folla ordinata e partecipe di Piazza Santa Croce in Firenze, con lo sfondo illuminato della facciata della basilica, è di una vera, grande bellezza.

    Collocazione geniale per queste letture, una piazza abitata da fiorentini veraci, portatori naturali di ciò che oggi resta della lingua di Dante, meglio di un’aula accademica dove si fa scienza per pochi eletti. Roberto Benigni a Piazza Santa Croce in Firenze fa cultura, di altissima qualità, per tutti: toscani, italiani, e chiunque altro al mondo padroneggi la lingua di Dante.

  • Opinioni

    La visita del Papa in Bolivia




    La Bolivia è una terra situata nella zona tropicale del Sud America, è abitata da popolazioni indie, che parlano lingue diverse, ma sono unite dalla lingua spagnola diffusa, insieme al vangelo, dai conquistadores.


     I boliviani sono principalmente dediti alla coltivazione della coca, incoraggiata e diffusa secoli fa dagli spagnoli poiché si accorsero che chi masticava la foglia di coca lavorava di più e meglio nelle miniere d’argento. Oggi per i boliviani la foglia è utile per sopravvivere negli ambienti difficili delle Ande. Usano consumare la foglia naturale tenendola in bocca, in modo da assorbirne lentamente il succo, che dà l’illusione di essere forti e vigorosi e compensa in qualche modo gli effetti delle altitudini, altrimenti insopportabili.  Ignorando tutti i negativi effetti collaterali sul cervello e sul sistema nervoso.


    Sul territorio sono presenti ed operano liberamente religioni cristiane, cattoliche e protestanti, impegnate in opere di diffusione dei testi sacri e di promozione sociale con la costruzione di scuole e ospedali.


    Ero in Bolivia presso la Missione delle Suore della Dottrina Cristiana in Santa Cruz de la Sierra nel 2001. Allora la coltivazione della foglia di coca era stata proibita da un governo filoamericano che aveva imposto alla Bolivia la politica “coca zero” con lo scopo di diminuire la coltivazione della foglia, la fabbricazione e l’esportazione di cocaina negli USA. Tale politica suscitò la reazione dei cocaleri, i coltivatori di coca, loro unica fonte di guadagno. Organizzarono una marcia su La Paz, guidata da Evo Morales, per far sentire le loro ragioni a favore della coltivazione della pianta.


    Tutti i giorni, allora si vedevano in televisione immagini di una fila di campesinos in marcia su terreni aspri e montuosi, privi di vegetazione, abitati solo dal vento che scuoteva coloratissimi ponchos contro un cielo azzurro tersissimo, privo di vapori e nubi inquinanti. Si vedevano anche operazioni della polizia di stato che bruciava laboratori chimici attivi per la trasformazione della foglia nella polvere bianca, da distribuire all’interno e da esportare nel nord America. Il presidente filoamericano, di cui non ricordo il nome, fu sconfitto in una tornata elettorale che vide vincitore Evo Morales in un tripudio di antichissimi riti andini e abiti colorati.


    Evo Morales, tuttora   presidente della Bolivia, riceve la visita di Papa Francesco e gli offre in dono la chupsa, cioè la borsa per le foglie di coca, e un originalissimo Cristo crocifisso su una composizione di falce e martello. Il primo al mondo a inventare e osare un’azione del genere. Un incontro/scontro di culture diverse che sbalordisce e lascia senza parole.


    Questo Papa cerca dialogo, e si sforza di costruire ponti fra mondi diversi, ma che fa Evo Morales? Cancella un secolo della nostra storia? Fa del sarcasmo? Esprime dissenso per alcuni aspetti della storia del mondo occidentale?  Dimostra i limiti della possibilità dell’espansione della cultura cristiana occidentale in mondi lontani e profondamente diversi dai nostri, oppure cerca di penetrarla con la sua, vuole usarla ed anche modificarla in cerca di nuove alleanze, ovvero nuovi mercati per la sua cocaina?


    Che diranno adesso i cattolici, nati e cresciuti in Bolivia e i missionari, tutti storicamente contrari a comunisti e nordamericani? Ideologicamente contro i primi perché atei, nemici di chiese e clero, pragmaticamente contro i secondi perché colonialisti sfruttatori delle loro ricchezze e causa della loro povertà. Il gringo lì è un nemico.  Sempre in nome della difesa delle culture locali, che però oggi hanno messo insieme il diavolo e l’acqua santa.  Un bel rompicapo, che fa pensare e ripensare simpatie e antipatie politiche, tradizioni antiche e pratiche di vita.



         

             


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    La partita Clinton/Bush




     
    Parecchie lettere circolari diffuse da “Hillary for America” sottolineano una richiesta speciale: “Se sei dalla mia parte, vuoi versare 1 dollaro, subito, per aiutare a costruire la nostra campagna dal basso verso l’alto?” La richiesta di immediata offerta minima serve per capire quanti cittadini americani sono disposti a seguirla in questo viaggio verso la Casa Bianca, faticoso e lungo, iniziato un anno e mezzo prima delle votazioni finali che si terranno nel novembre 2016.

     
    Il viaggio di Hillary è incominciato su un bel prato di New York, con un discorso letto con precisione ad un folto pubblico che sventolava bandierine, interrotto da frequenti applausi, il più intenso per i matrimoni fra persone dello stesso sesso.

     
    Hillary ha parlato di sé in linea femminile, citando la mamma come radice del suo pensiero, prima da bambina e poi nel corso della sua vita politica. Mia madre mi diceva: “La vita non riguarda solo te, ma quello che tu fai con ciò che accade intorno a te…” Non ricorda il padre, e poco il celebre marito con cui è già stata alla Casa Bianca per otto anni come First Lady. E rivolgendosi alle giovani donne di oggi, lancia un messaggio particolare, degno di essere ricordato: “Se io divento Presidente, significa che voi potrete diventare tutto quello che volete”.  Aggiungo al messaggio, un buon matrimonio può essere utile, per le donne, ed anche per gli uomini.  

     
    Per quanto riguarda il futuro, un futuro in cui l’America dovrà combattere parecchio per mantenere il suo ruolo leader nel mondo, ha rivolto il suo pensiero alla figlia ed ai bambini, per cui ha promesso speciali attenzione alle scuole per l’infanzia, considerato che il talento nasce dappertutto, ma che per svilupparsi ha bisogno delle giuste opportunità.

     
    Scherza Hillary sulla sua età, “non sono la più giovane aspirante alla Casa Bianca, ma sono la donna più giovane aspirante… E poi, non sbiancherò i capelli una volta presidente, perché li tingo già da tanto tempo”. Scherza sì, ma nello stesso tempo si rivolge all’ elettorato ricordando il diritto dell’esercizio di voto, ed anche offrendo loro un qualcosa per cui votare. Per questo sintetizza i valori storici del suo partito, relativi alla crescita delle classi medie, al benessere diffuso per tutti ed alla diminuzione delle diseguaglianze, anche con opportuno uso della tassazione.  Quanto alla leadership, ovvero all’esercizio del potere politico, Hillary usa due parole, perseveranza e scelte difficili.

     
    Da parte repubblicana, ecco, poche ore fa l’annuncio ufficiale della candidatura di Jeb Bush, governatore della Florida, che si presenta con moglie e figli. Cercando di sbiadire la memoria del padre e dell’ingombrante fratello, non mette il cognome sul suo logo, ma solo il nome ed un grosso punto esclamativo, quasi ad esprimere meraviglia per la sua proposta. 

     
     Per ora, insomma si annuncia una partita accanita fra due dinastie, quella più recente dei Clinton, e quella più antica dei Bush, proveniente dai petrodollari del Texas. Chissà che cosa succederà durante le primarie dei due partiti. Pochissimi i rivali di Hillary, più numerosi quelli di Jeb!


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    Hillary Clinton ed il diritto di voto


    Dalla campagna elettorale di Hillary Clinton ci giunge oggi qualche notizia illuminante sulla cultura dell’America di oggi.


    Incomincio dalla registrazione nelle liste elettorali. Recenti nella nostra memoria le lunghissime file di neri che andavano a iscriversi nei registri elettorali per esercitare il diritto di voto per la prima volta nella storia delle loro famiglie, spinti dalla campagna elettorale del primo nero che aspirava alla Casa Bianca. Oggi Hillary spinge avanti questo punto, lei vuole che tutti i cittadini di ogni stato dell’unione debbano essere automaticamente registrati negli elenchi dei votanti al raggiungimento de diciottesimo anno di età, salvo il caso in cui essi non manifestino esplicitamente la volontà di rinunciare a tale diritto.       


    Quanto al concreto esercizio di questo diritto, da citare l’opera del Reverendo Martin Luther King negli anni ’60 del secolo scorso a Selma, Alabama. Fu luogo di ben noto impegno per l’esercizio del diritto di voto, un diritto garantito a tutti da leggi federali, ma di fatto negato ai neri da mille ostacoli pratici inventati da una burocrazia bianca spietatamente razzista, che spegneva nel sangue manifestazioni pacifiche. Martin Luther King, ideatore e guida   delle marce pacifiche dei neri in difesa del libero esercizio del diritto di voto, fu barbaramente trucidato.


    In ricordo di quel sangue versato più di mezzo secolo fa in difesa di un diritto fondamentale, riporto una lettera circolare e del materiale pubblicato su facebook a cura di Hillary for America.


    Amici, 
Oggi in Texas l’idea del diritto di voto per tutti, fondamentale per la democrazia, è purtroppo ben lungi dall’essere realizzata. Il diritto di voto è sotto attacco, specialmente per i giovani, i poveri e la gente di colore. In Texas per esercitare il diritto di voto si può usare il porto d’armi, ma non è sufficiente la carta d’identità da studente. Questa disparità non è casuale.  Facciamo sapere che non accetteremo   questa brutale ferita al diritto di voto.


    La nostra nazione ha una lunga storia di uomini e donne coraggiosi che hanno combattuto per allargare l’accesso alle urne. Non possiamo permettere che queste battaglie siano vanificate da funzionari pubblici che agiscono per paura o per interessi personali. Agire in modo che per gli americani sia difficile andare a votare è semplicemente sbagliato e contrario a valori condivisi. Se anche voi vi sentite offesi, aggiungete il vostro nome a favore del diritto di voto per tutti.

    La lettera si chiude con il solito appello a donare da un minimo di 5 dollari ad un massimo di 2700, a sostegno di questa battaglia. Noto che rispetto alle campagne del Presidente Barack Obama, il limite massimo per questo tipo di donazioni è aumentato di 200 dollari.


    Per fare la donazione è necessario dichiarare che si è cittadini americani. Ricordo che in risposta a queste insistenti richieste, durante la prima campagna di Barack Obama qualcuno dell’Aquila raccolse dei soldi e li mandò come richiesto. Pochi mesi dopo l’elezione del presidente l’assegno tornò indietro, danaro non dovuto. L’America che mi piace tanto.


    Dunque, in casa democratica c’è un leader riconosciuto e accettato.  Quanto al Partito Repubblicano, la stampa nazionale riporta che a tutt’oggi ci sono ben 26 aspiranti alla nomination del partito per concorrere all’elezione finale per la Casa Bianca, senza contare il ricchissimo mormone Mitt Romney, che, sconfitto da Barack Obama nel 2012, per ora dichiara di non essere interessato a questa competizione. Decisamente troppi ed in feroce competizione fra di loro, non solo per motivi, diciamo così, ideologici o politici, ma anche per l’accaparramento dei sostanziosi fondi che piovono da varie parti destinati alla campagna elettorale. Aspettiamo che emerga qualcuno in grado di vedersela, infine, con Hillary Clinton.



     






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