Avvolto in un bianco e nero abbagliante, ombre e ingannevoli aloni di luce, c’è un’agghiacciante innaturalità in The Tragedy of Macbeth è in netto contrasto con la maggior parte degli adattamenti cinematografici shakespeariani. Coen si tiene alla larga dalla ostentata vision naturalistica che ha caratterizzato gli adattamenti di registi epici come David Lean o Franco Zeffirelli. Opta invece per una tavolozza di colori calustrofobica e opprimente per creare un effetto visivo in meraviglioso equilibrio tra finzione teatrale e percezione del realismo filmico. Coen si diletta anche a girare nelle classiche proporzioni 4:3.
Ne La tragedia di Macbeth, presentato in anteprima mondiale alla 59esima edizione del New York Film festival, i personaggi principali appaiono diversi da come siamo abituati. Invecchiati e in preda all’angoscia in un momento della vita in cui le ambizioni sembrano ormai compromesse da un susseguirsi di orrori e violenze. Francis Mcdormand nei panni di Lady Macbeth interpreta con disinvoltura una delle figure femminili meglio tratteggiate da Shakespeare per la fermezza della sua volontà, per la capacità di tenere in scacco la coscienza del marito nei momenti di debolezza.
Il risultato è un film che preferisce rimuginare in silenzio invece di urlare ogni argomento riguardante la vita umana, compreso il tema del potere e della follia. La trasformazione di un guerriero generoso e leale in uno spietato assassino si compie nel cuore della notte invece che sui campi di battaglia. Sono scelte non ortodosse ma si rivelano convincenti.
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