Non mi piacciono gli artisti che si divertono più fuori dal palco che sul palco”, dice Eduardo Scarpetta (interpretato da Tony Servillo) in “Qui rido io”, in concorso alla 78a Mostra del cinema di Venezia.
Agli inizi del ‘900, nella Napoli della Belle Époque, all’apice della sua popolarità, Scarpetta corre un grosso rischio: mette in scena una parodia de “La figlia di Iorio”, tragedia scritta dal più grande poeta italiano dell’epoca, Gabriele D’Annunzio. Scoppia l’inferno, Scarpetta viene denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Fu l’inizio della prima causa per il diritto d’autore in Italia e un’esperienza estenuante per Scarpetta e la sua famiglia.
Ci vuole un po’ di tempo per analizzare l’albero genealogico della famiglia Scarpetta, poiché c’è un putiferio di mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. In una scena Scarpetta si unisce ad una cena con la complessa famiglia ma nel momento in cui si siede tutti sono talmente intimiditi dalla sua presenza che cadono in un silenzio imbarazzato.
Non è stato facile per Mario Martone creare un personaggio che il pubblico disprezzerà nel privato, ma di cui prenderà le parti in tribunale. Il soggetto del film è l’incarnazione di un patriarca del teatro italiano di inizio novecento. Il regista non perde tempo con il finto glamour ed evita di mettere in scena una nostalgica rivisitazione di un’epoca in cui in cui Napoli era la capitale della cultura, non solo d’Italia ma d’Europa, e Scarpetta un eroe di questa città.
Qui rido io è lo spartiacque tra il vecchio e nuovo teatro napoletano. Al personaggio di Felice Sciosciammocca Eduardo Scarpetta affidò la realizzazione del suo programma artistico, emancipando il teatro napoletano dalla tradizione popolana di Pulcinella e introducendo un tipo di commedia borghese, realistica. L’autore napoletano elimina i dialoghi inutili – quelle battute che servivano all’inizio della commedia per far accomodare il pubblico in sala; riduce fortemente i trucchi teatrali, dando anche ad essi un evidente tocco di realismo. Qui rido io è un biopic equo che, nonostante il titolo, non adorna con falsi allori una figura che a cavallo del Novecento era diventato il re della risata grazie a opere come Miseria e nobiltà, Nu turco napulitano, Il medico dei pazzi, Na santarella.
“Il film è l’immaginario romanzo di Eduardo Scarpetta e della sua tribù” – ha dichiarato Martone – ed è un’opera importante per tante ragioni. La prima è perché riporta “in scena” una figura chiave nella storia del teatro italiano, e la seconda è perché ricorda, semmai ce ne fosse bisogno, la centralità culturale che rappresentava e possedeva la città di Napoli, capitale del teatro, dello spettacolo. Ovviamente il motivo cardine è la rievocazione di un genio del teatro, della parodia, e poi del nostro cinema”.
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