Il 2017 è stato un anno record per la Bei [2] in Italia che risulta così il primo Paese d’Europa per la quantità dei finanziamenti ricevuti: 12,3 miliardi, per la precisione, e cioè il 10 per cento in più del dato 2016 che pure non era stato male. Un dato che vale lo 0,7 per cento del Pil e che ha certamente contribuito a determinare il buon andamento dell’economia come hanno fatto notare il vice presidente Dario Scannapieco e il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan all’atto della presentazione dei risultati.
Le operazioni concluse, tra grandi e piccole, sono state 119 divise tra prestiti della Banca Europea per 10,8 miliardi e interventi del Fondo Europeo (Fei) nel capitale e a garanzia per 1,5 miliardi. Il valore complessivo degli investimenti attivati ha raggiunto i 41,9 miliardi che equivalgono al 2,4 per cento del Prodotto interno lordo. In pratica, il peso di una discreta manovra finanziaria.
A fine anno la Bei impiegava in Italia 67,22 miliardi a fronte di rapporti con 39.700 imprese e 542mila occupati. Questo per dire che il fenomeno è da tempo uscito dal limbo delle relazioni ristrette per diventare molto diffuso e capillare. Nell’ultimo decennio il gruppo ha sostenuto investimenti nel Paese per oltre 270 miliardi, ha finanziato 210mila imprese e sostenuto 6 milioni di posti di lavoro nei settori più diversi.
Il raggio d’azione si è inoltre molto ampliato e accanto alle classiche operazioni attraverso il sistema bancario crescono le attività con la pubblica amministrazione, nelle infrastrutture e nell’ambiente, in ricerca e sviluppo, nel campo del sociale. La Bei, inoltre, è stata e continua a essere un grande promotore del piano Junker per le grandi opere cui anche è affidato il risveglio dell’Unione dopo la batosta della crisi. E se qualche segnale di ripresa arriva, sarà anche per l’avvio di numerosi progetti.
Neanche una settimana fa è stato presentato a Milano l’Elite basket bond rivolto a dieci imprese selezionate da Borsa Italiana per un esperimento di emissione obbligazionaria condivisa e garantita che la Bei ha sottoscritto al 50 per cento in pratica rendendo possibile avviare l’iniziativa.
Anche in questo caso l’intento è favorire la nascita di buona finanza per lo sviluppo dell’economia reale.
Insomma, benché basata in Lussemburgo e in apparenza lontana, la Banca europea degli investimenti è da tempo diventata un attore centrale della politica industriale nazionale e rappresenta un punto di riferimento a vantaggio di pezzi della funzione pubblica, ministeri e Regioni, per la gestione congiunta di attività che altrimenti non saprebbero come realizzarsi.
Per svolgere questa funzione a tutto campo la Bei ha dovuto naturalmente ampliare di molto la sua operatività senza perdere la reputazione e il rating che le assicurano un facile e favorevole approvvigionamento di valuta. Soprattutto, considerevole è stato l’avvicinamento alle piccole imprese dinamiche che adesso sanno che per reggere l’urto del mercato devono imparare a diventare medie e poi grandi.
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