Maestro, lei ha l’età dei miei figli e potrei darle del tu, come una mamma, ma scelgo di darle del lei come omaggio al suo talento, e cerco di spiegare in parole semplici ed essenziali perché ho letto il libro 10 lezioni di cucina con piacere crescente.
Con la sua ricerca appassionata, pensiero creativo e sentimenti positivi lei riesce in un’impresa difficilissima: collegare il passato tradizionale, arcaico, contadino e pastorale dell’Abruzzo al mondo presente, quello ricco ed elegante, e a proiettarlo nel futuro.
All’inizio della lettura del suo libro, le parole semplicità, stratificazione, evoluzione, equilibrio, archetipo mi hanno ricordato concetti usati nell’ estetica delle belle arti, pittura, scultura e architettura. Per questo sono passata da un’impressione quasi scettica per i ragionamenti astratti delle prime pagine, ad una forma di felice compiacimento nel rendermi conto di come lei riesca a concretizzare la sua teoria, il pensiero astratto nelle cose più semplici, quelle che fanno parte del quotidiano di tanti, passato e presente.
Durante la lettura, con l’occhio della mente ho rivisto mia nonna che per la cena della vigilia di Natale preparava una bella zuppa di ceci e baccalà, lei usava la cipolla, ai suoi tempi di porri non se ne parlava proprio. E la mesticanza! Questa mi ha fatto rivedere una fila di contadine disposte al centro della piazza del mercato dell’Aquila, prima del sisma, con sacchi di erbette miste, profumate di vento e di prati, che mangiavo, e mangio tuttora, semplicemente con un po’ di olio e sale. La mesticanza alcolica con mandorla deve essere un prodigio di competenza, inventiva e tecnologia della cucina alta. E gli elogi per i nostri legumi! Lei cita nel suo libro i fagioli bianchi di Paganica, le lenticchie di Santo Stefano e i ceci di Navelli, strepitosi e sconosciuti oltre i confini della regione. Condivido, strepitosi e sconosciuti.
E qui viene fuori il suo proiettarsi nel futuro. Ho notato il suo impegno per la nascita del Mercato Contadino all’Aquila. Poca gente, per ora, ed anche poca roba, se teniamo presenti le varietà e le quantità nei supermercati che quotidianamente riforniscono le nostre mense. Mi domando cosa succederà se questo mercato crescerà per assortimento e quantità dei prodotti. Quantità e qualità. Combinare insieme le due cose sarà un’impresa epica, la sfida che l’Abruzzo più genuino e tradizionale deve affrontare per il futuro. Per questo percorso il suo contributo colto ed esperto può essere prezioso.
Per le sue magie faccio un altro elogio, perché lei va ben oltre l’dea che “in alta ristorazione …tutti gli sforzi dovrebbero essere tesi alla creazione di un’esperienza assoluta di piacere, bellezza e ricerca”. Mi piace assai la sua considerazione della salute nell’alimentazione: “…Non c’è una goccia d’olio in tutta la preparazione (pag 57) … Con la sola eccezione del limone candito non c’è un grammo di zucchero in tutto il piatto (pag 95) …rispettando l’uomo, un boccone dopo l’altro (pag.96).
Ecco, anche questo è un bell’impegno per il suo futuro: diffondere per quanto possibile l’idea che un piatto può essere buono senza essere dannoso per la salute. Troppe volte ho sentito dire del cibo: se non fa male, non è buono. Grazie, Maestro, per aver smentito con i suoi prodigi il detto popolare. Sarebbe bello che la conoscenza di alimenti sia buoni che salutari potesse diventare patrimonio culturale di tanti, persone, ristoranti e trattorie.