Ed è venuto un uomo chiamato Francesco. Con la sua disarmante, affascinante semplicità. Torna a vivere, persino inedita, la Chiesa che non predilige un cristianesimo astratto, metafisico, dogmatico ma incarnato nella realtà. Francesco è qui, con i suoi segni così poveri e al tempo stesso così ricchi, per camminare con la gente, con chi crede e chi non crede. La scelta di chiamarsi così, da parte di Papa Bergoglio, fu il primo segno rivoluzionario di questo pontificato. Per la prima volta, nella storia bimillenaria della Chiesa ecco Francesco, simbolo di una Chiesa dolente e missionaria.
Il Signore disse a Francesco d’Assisi: “va e ripara la mia casa che come vedi è tutta in rovina”. Nessun paragone, ovviamente improbabile, ma il coraggio di chiamarsi Francesco è stato un modo per sottolineare la necessità per la Chiesa di cambiare strada subito. Cioè di mettersi lungo le vie del mondo per portare la parola di Dio, proprio come San Francesco. Il che significa annullare ogni distacco, mescolarsi, ascoltare. E’quello che sta facendo Papa Bergoglio. Con il cuore rivolto sempre più ai bisognosi, ai poveri, ai lontani.
D'altronde Bergoglio stesso racconta così quei minuti del conclave in cui la sua candidatura si faceva forte: “nell’elezione avevo davanti a me il cardinale Claudio Hummes, un grande amico. Mentre la situazione diveniva un pò pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti ai due terzi, è arrivato l’applauso e lui mi ha abbracciato e baciato, dicendomi “non dimenticarti dei poveri, i poveri”. Quella parola mi è entrata qui”. “Per questo – spiega Bergoglio – ho scelto quel nome. Poi ho pensato a Francesco d’Assisi come uomo della pace. Per me è l’uomo della povertà e della pace, che ama e custodisce il creato. In questo momento noi abbiamo una relazione con il creato non tanto buona, dobbiamo migliorare. E poi vorrei una Chiesa povera per i poveri…”.
Così, dentro quel nome c’è la chiave per capire un Pontificato. Siamo di fronte a una figura di rottura che si propone di rilanciare una comunità in affanno ma dalle radici possenti. Ci riuscirà Francesco I? Ne siamo certi.
Ad Assisi, l’altro Francesco, non si stancò mai di farlo, e non è che la sua opera, nonostante facesse miracoli, fosse meno impegnativa di quella in cui si trova, ora, a cimentarsi il nuovo Pontefice. Ma ci riuscì. Francesco d’Assisi oggi è uno dei Santi più venerati nel mondo.
Ora, a Roma c’è Francesco. E le “crociate” sono tante. Basti pensare al solo difficile rapporto con l’Islam e ai presupposti di pace e di dialogo gettati da Bergoglio. Alla maniera proprio di San Francesco che partecipò alla V crociata e, nel 1219, durante l’assedio alla città egiziana di Damietta, ottenne dal Legato pontificio il permesso di poter passare nel campo saraceno e incontrare il sultano, nipote di Saladino. Lo scopo dell’incontro era quello di trovare un modo per mettere fine alle ostilità.
Ottocento anni dopo Bergoglio va a Lampedusa e Gerusalemme, invita in Vaticano a pregare per la pace ebrei e orientali, apre le porte d’Oriente visitando la Turchia, lavora per sbarcare in Cina.
E, intanto, scalda i cuori. Indica alla Chiesa le strade da percorrere, le periferie geografiche ed esistenziali. In un mondo privo di leadership riempe sia le chiese che le piazze. Usa parole antiche come misericordia, amore, verità, bellezza, bontà ridando loro il significato originario, privo di ambiguità e strumentalità. Ecco perché Papa Francesco ha conquistato da subito credenti e non credenti. E’ innanzitutto vero.
Certo, nel cammino di Papa Bergoglio non mancheranno difficoltà, ostacoli, lentezze. Ma il mix di spiritualità francescana e di cultura gesuita è dirompente. Ogni frase quasi un veloce twitter che, Vangelo alla mano, inchioda i cattolici e interroga i non credenti. “E capaci di pazienza, perdono, amore.” Il lessico bergogliano ha nella parola cuore il suo centro E anche qui sembra ripercorrere le strade i Francesco d’Assisi. Il Papa “venuto quasi dalla fine del mondo” lo ha ribadito infatti proprio ad Assisi, nella sua prima preghiera via webcam chiedendo a San Francesco di intercedere per la pace dei nostri cuori”. E’ la riproposizione dell’ assoluta novità del vangelo per una società – così la definisce Bergoglio – dai cuori infreddoliti.
Questo è un pastore profetico ed unico, che sa comunicare. E non solo comunica, ma crea ogni giorno eventi comunicativi, stabilisce relazioni personali dirette e rivoluzionarie, coinvolge ed affascina con la coerenza tra pensiero ed azione, e racconta al mondo che, sopra tutto e tutti, c’è la dignità della persona con il suo diritto inalienabile alla verità.
Questo è Francesco, il Papa che è partito da Assisi per quella “rivoluzione dello Spirito” che sta scuotendo la Chiesa di Roma. Un papato di svolta profonda. E siamo solo all’inizio….
* Massimo Enrico Milone è il Responabile di RAI Vaticano
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