Quando l’astro Barack Obama era vicino al suo zenit, la moglie Michelle pronunciò una frase che ricordo bene: “Se riusciamo a portare i neri alle urne, cambieremo la storia degli USA”. Sì il fatto è che bisogna riuscire a portarceli sempre, a ogni tornata elettorale, non solo per le elezioni presidenziali. La base elettorale vincente di Obama è composta principalmente da ispanici, afroamericani e giovani, gente distratta dal vivere quotidiano, che si reca poco alle urne, partecipe sì, ad una tornata elettorale per la presidenza, ma non altrettanto ad una elezione di mezzo termine che rinnova una parte del parlamento, meno emozionante e trascinante di una elezione presidenziale.
Con un PIL che cresce al 3.50 % all’anno, la disoccupazione che diminuisce con la creazione di 220.000 occupati in più al mese da sessanta mesi, oggi gli elettori rimproverano al presidente di aver lasciato indietro le classi medie, e che la crescita riguarda solo una ristretta fascia della popolazione. Gli rimproverano inoltre la politica estera. Le immagini orripilanti, scioccanti dei tagliagole all’opera, devono aver avuto un forte impatto sugli elettori americani.
L’America di nuovo si tinge di rosso, ritornano i repubblicani, fieramente avversi alla riforma democratica delle assicurazioni sanitarie, che hanno combattuto con tutti i mezzi a loro disposizione. Anche la salute è parte del libero mercato che crea ricchezza senza alcuna interferenza da parte dello stato. Lo stato è il problema, non la soluzione, secondo loro, sorvolando su quanto danaro pubblico è stato necessario per rimettere in moto l’economia americana.
Mi sembra aperta la via alla nota alternativa di governo, tipica della politica americana. Chi sarà il prossimo Presidente? Chi sono oggi gli astri nascenti nel cielo americano, gli aspiranti alla leadership dei partiti?
Per i democratici l’astro brilla da parecchio tempo, la leadership del Partito Democratico è saldamente nelle mani della stella fissa Hillary Rodham, ormai sessantenne, sulla breccia da tanto tempo, otto anni alla Casa Bianca come moglie di Bill Clinton. Sconfitta da Barack Obama nelle primarie del 2008, al termine della presidenza Bush ed all’inizio della crisi profonda di fallimenti di banche e disoccupazione, Hillary aveva un programma tutto basato su misure di crescita delle classi medie. Chissà se può ancora essere utile rispolverarlo oggi. Riuscirà il suo astro, o quello di un altro democratico, a compiere il percorso verso lo zenit ed attuare misure di crescita più estese, che riguardino fasce più ampie della popolazione?
Se penso al Partito Repubblicano, temo l’astro declinante ma ancora capace di illuminare, del vecchio John McCain che dice, vinciamo queste elezioni e mandiamo l’esercito in Iraq. Se ce la facesse veramente, che succederebbe? Ancora in circolazione Mitt Romney, sconfitto da Barack Obama nel 2012, si dice che voglia riprovarci. Si riparla anche di Jeb Bush, figlio e fratello di presidenti, alla Casa Bianca sarebbe l’immagine americana di una dinastia regale ereditaria, da far concorrenza ai Windsor inglesi, la sostituzione dell’ idea democratica di merito individuale con quella di famiglia/dinastia.
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