Mare Nostrum: così lo chiamavano i Romani e così è stato fino al Cinquecento, fino alla conquista del Nuovo Mondo. Era il solo mare conosciuto, considerato da tutti la culla della civiltà e della storia, da tempi immemorabili via di comunicazione e di scambio condiviso da culture differenti eppure unite sotto il segno della presenza di questo mare sulle loro coste. Sin dai tempi più remoti ci sono state migrazioni di popoli da una regione all’altra del Mediterraneo, spesso per necessità, e tra queste le più importanti sono state le grandi colonizzazioni greche del XIV secolo avanti Cristo sulle coste dell’Italia meridionale, in Sicilia, in Francia, in Spagna.
Un’avventura verso quello che allora era considerato il Nuovo Mondo e cioè il Mediterraneooccidentale. Tutto questo portò alla fondazione di grandi città come Siracusa, Gela, Selinunte, Agrigento, ed i migranti greci convissero pacificamente con le popolazioni già esistenti, assumendo spesso i loro miti ed i loro riti.
Mediterraneo centro di grandi civiltà e di grandi migrazioni, dunque, ma anche luogo letterario per eccellenza, scenario delle peregrinazioni di Ulisse e dei tanti eroi epici della guerra di Troia che tornavano in patria, in quelli che Omero aveva chiamato “oi nostoi”, i ritorni. Mediterraneo solcato anche dal troiano Enea, l’eroe descritto da Virgilio in fuga dalla sua città distrutta il quale, dopo aver vagato tra l’Africa e l’Etruria, aveva fondato nel Lazio l’Italia romana. Da quel villaggio le cui origini si confondevano con la leggenda, aveva avuto inizio la storia della penisola italica, una storia strettamente connessa al Mediterraneo, un lungo percorso nei secoli fatto di migrazioni ma anche di guerre, dominazioni, battaglie navali, commerci, contatti tra popoli, navigazioni. Un percorso che avrebbe portato all’Unità d’Italia solo nella seconda metà dell’Ottocento. Ed anche in quel caso tutto sarebbe passato attraverso il Mediterraneo, con la spedizione di Garibaldi e dei Mille che dalla Liguria, da Quarto per l’esattezza, navigando verso sud, avrebbe dato l’avvio “marinaresco” all’Unità, di cui proprio quest’anno si festeggia il 150° anniversario. Un’impresa considerata “epica” ancora oggi da molti italiani: circa mille uomini giunti da ogni parte della Penisola, persino da altri Paesi, partirono da Quarto ed in maniera rocambolesca, eludendo ogni controllo, giunsero a Marsala. Un viaggio attraverso le acque del Mediterraneo che trasformò un gruppo di persone quanto mai eterogeneo, che parlava poco italiano e tanti dialetti, in un esercito con lo scopo comune di unire l’Italia. Questo accadeva, appunto, nella seconda metà dell’Ottocento. Tuttavia, già da secoli, con la scoperta del Nuovo Mondo, il Mediterraneo aveva perso la sua centralità. Cristoforo Colombo e gli altri grandi navigatori si erano spinti oltre lo stretto di Gibilterrra, superando le Colonne d’Ercole, quelle che nell’antichità erano considerate il limite oltre il quale c’era l’ignoto: l’Ulisse dantesco aveva pagato con la dannazione quel “folle volo” fatto attraversandole, un gesto necessario per saziare la sua sete di conoscenza. L’oceano appariva vasto e misterioso ed il passaggio dal “rassicurante” Mediterraneo alla grandiosità dell’Atlantico divenne oggetto di storie di viaggio, racconti, fino alle cronache che riferivano della grande emigrazione verso le Americhe.
Quanti bastimenti hanno solcato il Mediterraneo ed oltrepassando le Colonne d’Ercole si sono avventurati nell’Atlantico in cerca di una vita migliore! Tuttavia, durante il XIX secolo ci sono stati migranti che non si sono spinti così lontano ma hanno semplicemente attraversato il Mediterraneo, proprio come accade ai giorni nostri, con la sola differenza che si trattava d’italiani che partivano dal meridione d’Italia per andare nel Maghreb ed in particolar modo in Tunisia. Un’emigrazione iniziata nei primi anni dell’Ottocento e che aveva riguardato liberali perseguitati dalla polizia borbonica del Regno di Napoli che trovavano un rifugio sicuro in Algeria ed in Tunisia, dove tra l’altro andò esule persino Giuseppe Garibaldi. Verso la fine dell’Ottocento la Tunisia divenne la meta di una grossa ondata migratoria di braccianti italiani i quali, non trovando lavoro a causa della crisi economica che aveva colpito il meridione d’Italia, erano stati costretti a lasciare la loro terra, dando vita, nelle città in cui si erano trasferiti, a tante “Piccola Sicilia” o “Piccola Calabria”. Quest’ondata migratoria italiana in Tunisia favorì, tra l’altro, l’apertura di scuole, istituti religiosi, ospedali italiani, orfanotrofi. Tutto questo fa pensare con amarezza ad oggi, alla tragedia dei migranti dal nord Africa stipati nei centri d’accoglienza, respinti e nel peggiore dei casi morti in fondo al mare. Le grandi battaglie navali che si erano consumate sul Mediterraneo nel passato hanno lasciato il posto alla battaglia per la sopravvivenza di questi poveri migranti in lotta contro la povertà, inseguendo il loro sogno di libertà in una vera e propria carneficina che dal 1988 ad oggi ha visto più di 15.000, tra uomini, donne e bambini inghiottiti dalle acque del mare.
Tuttavia, tra tante guerre reali, letterarie e dolorose che si sono consumate nel Mediterraneo, come non ricordare quella più frivola ed ugualmente “leggendaria” che ha visto contrapporsi agli inizi degli anni ’50 due attrici indimenticabili e totalmente diverse l’una dall’altra come Anna Magnani ed Ingrid Bergman? Anna Magnani, archetipo della donna mediterranea passionale fu lasciata da Roberto Rossellini, regista con cui aveva girato l’indimenticabile “Roma città aperta” e con cui aveva una relazione. Le era stata preferita l’algida, nordica Bergman, diva famosa in tutto il mondo.
Oltre allo smacco sentimentale Anna Magnani aveva subìto anche quello professionale, dato che il ruolo della protagonista del film di Rossellini, “Stromboli, terra di Dio”, ruolo pensato espressamente per lei, dopo la brusca fine del legame amoroso era stato assegnato ad Ingrid Bergman, attrice che fisicamente aveva ben poco della donna passionale descritta nel film. Ed ecco allora la furia da Erinni di Anna Magnani che, furente, vuole farla pagare a Rossellini ed alla rivale accettando in fretta e furia di girare “Vulcano” del regista statunitense William Dieterle nell’omonima isola di Vulcano, un melodramma dai toni esagerati con Rossano Brazzi, un flop annunciato, un vero e proprio “buco nell’acqua” del Mediterraneo. I due film girati in contemporanea scatenarono quella che la stampa chiamò “la guerra delle isole”, che vedeva contrapposti a Stromboli Rossellini e la Bergman immersi nelle riprese e nella loro storia d’amore e a Vulcano una furibonda Anna Magnani che girava un film di qualità minima rispetto ai suoi standard e che, tra una ripresa e l’altra, come testimoniano i colleghi della troupe, lanciava strali alla coppia che si trovava a Stromboli, in una vera e propria eruzione di rabbia senza fine. Una guerra combattuta a distanza, all’ombra di due vulcani, al centro di un mare antico chiamato Mediterraneo.
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