Armory Show, Volta NY, Scope e Independent. I volti Italiani

Marco Piattelli Palmarini (March 15, 2012)
Tra l’8 e l’11 marzo tutta New York si è mobilitata per dar vita ad un grande evento d’arte contemporanea. L’appuntamento principale è stato Armory Show, ma anche le esposizioni laterali come Volta NY, Scope e Independent hanno riscosso grande successo. Ecco il racconto dell’esperienza dei galleristi e degli artisti italiani incontrati durante questi eventi.

La quattordicesima edizione dell’Armory Show ha visto un numero ridotto di gallerie rispetto agli anni passati, e in proporzione un numero anche minore di gallerie europee. Tutto ciò ha dato grande rilevanza alla partecipazione delle sei gallerie italiane, divise tra i due padiglioni Pier 94 (Armory Show – Contemporary) e Pier 92 (Armory Show – Modern). A giudicare dalla soddisfazione generalmente riscontrata tra gli espositori italiani, possiamo dire che il tricolore gode ancora di una certa autorità nei contesti artistici internazionali.

Uno dei booth più apprezzati è stato quello della Cardi Black Box (Milano). Edoardo Osculati ci spiega che “per l’occasione, è stato riadattato un lavoro di Richard Woods al fine di creare un pavimento dalle forti tinte cromatiche che, affiancato alle opere, realizzasse questo interessante gioco di geometrie”.
 

In primo piano c’erano i lavori di Flavio Favelli (44 anni): riprendendo cartelloni di film a luci a rosse anni settanta, ha realizzato una serie di “collage” con riferimenti erotici dal gusto decisamente retrò.

Quarta partecipazione consecutiva all’Armory Show per la galleria romana MONITOR. Abbiamo incontrato la giovane direttrice, Paola Capata: “La promozione di giovani artisti italiani è un punto fermo della nostra attività, e questo è rispecchiato dalla scelta degli artisti portati qui a New York. Nico Vascellari è uno dei talenti su cui abbiamo puntato molto in questi anni, ed è stato dunque proposto anche in questa edizione dell’Armory Show. C’è la new entry Tomaso De Luca, 24 anni, nostra nuova scommessa, e Ian Tweedy, artista dalla formazione tutta italiana che oggi rappresenta uno dei nomi più significativi di MONITOR.”

La “mission” della Lorcan O'Neill Gallery (Roma) è di promuovere artisti inglesi all’estero. All’Armory Show il lavoro cui è stato dato maggior risalto è “Search” di Kiki Smith, ma Locarn O’Neill, intervistato da Artribune, ha sottolineato l’ottimo riscontro ottenuto dal loro artista italiano Pietro Ruffo, presentato nell’ambito del progetto dedicato ai talenti emergenti. 

Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. di Bologna, l’unica italiana presso Armory Show - Modern, ha presentato le opere più rappresentative della propria selezione. Il corpo centrale dello stand è stato dedicato a Morandi, pittore per la cui collezione G.A.M. è famosa in tutto mondo. Tutto intorno sono stati esposti pezzi da museo di altri artisti di primissimo livello come Léger, Severini, Fontana, De Chirico, Clavé e Matta. 

Volta NY è stato uno degli eventi più importanti ed apprezzati tra quelli associati all’Armory Show. L’esposizione di quest’anno prevedeva l’allestimento di stand dedicati ad un solo artista emergente. Negli anni, questo appuntamento ha guadagnato grande autorevolezza e non sembra sia più percepito come un evento secondario né dal pubblico, entusiasta, né dai galleristi, che non rimpiangono poi molto i Piers dell’Armory Show.

Abbiamo incontrato The Pool NYC, un’interessante realtà tutta italiana nata nel 2009. Pool NYC ha scelto di non avere uno spazio espositivo fisso, al contrario è sempre in movimento tra i maggiori eventi d’arte contemporanea del mondo.

L’innovativa formula della “galleria itinerante” gli permette di concentrare tutte le energie sulla scelta strategica delle fiere a cui partecipare, andando a caccia delle piazze più interessanti per aprire il mercato dei loro artisti. A Volta NY hanno avuto grande successo con le opere di Patrick Jacobs. Molti visitatori si sono avvicendati incuriositi per spiare attraverso le piccole lenti rotonde applicate direttamente sulla parete: guardando all’interno di questi piccoli “oblò” si viene trasportati in un ambiente tridimensionale, visioni domestiche o paesaggi naturali, in cui siamo cullati dalle affascinanti distorsioni ottiche create della lente.

“Sono convinto che Domenico Piccolo sia tra i quattro o cinque artisti che nel giro di pochi anni potrebbero diventare “il nuovo grande pittore italiano””. Federico Bianchi, direttore di Federico Bianchi Art Gallery (Milano), crede fermamente nel suo artista. Il repertorio di soggetti di Piccolo nasce da un vasto archivio d’immagini ritraenti momenti di disagio fisico o psicologico, di emarginazione o solitudine. Continua a spiegarci Federico Bianchi: “Un aspetto fondamentale di Domenico Piccolo è la sperimentazione di tecniche e materiali del tutto insolite. Troviamo opere dipinte addirittura su acetati e carta da pesce!”

Un’installazione sonora site-specific molto particolare arriva da Genova con Guidi&Schoen Arte Contemporanea. Gli autori Roberto Pugliese e Tamara Repetto hanno predisposto un microfono applicato nello spazio di Volta NY che registrava i suoni dell’ambiente circostante, mentre un software creato ad hoc li rielaborava e li traduceva in suoni dalle medesime frequenze. Il risultato sonoro veniva trasmesso da un “soundsystem” composto da settanta sfere di vetro sospese nel vuoto, ciascuna delle quali contiene uno speaker. L’effetto finale è davvero scenico: i corpi trasparenti sorretti a diverse altezze, tutti diversi l’uno dall’altro, hanno un aspetto quasi etereo, trasmettono un senso di leggerezza e rarefazione. Attraverso il processo di rielaborazione dei suoni, la galleria stessa e il suo pubblico diventano parte dell’opera.

E’ sempre bello ascoltare un gallerista quando parla di un suo artista come se fosse suo figlio. E’ il caso di Massimiliano Rocca della Magrorocca (Milano) che da anni ha l’esclusiva su Francesco Merletti, pittore italiano di quarantacinque anni che ha ormai raggiunto la piena maturità artistica. Il pubblico di New York lo ha molto valorizzato e fin dai primi giorni ci sono state vendite importanti. Le opere di Merletti sono caratterizzate da una forte teatralità, figure anni trenta appartenenti ad un immaginario tipicamente italiano, anche se non è difficile scorgere un tocco di freddezza nordica negli occhi della modella fiamminga che è diventata il soggetto fisso dell’artista. Scelta rischiosa quella di lavorare sempre con la stessa “musa”, ma che ha funzionato perfettamente grazie alla capacità dell’artista di reinterpretarla in modo sempre diverso, con il risultato finale di averne creato un icona. 

Larmgalleri (Copenhagen) ha esposto Nicola Samorì, pittore e scultore che merita decisamente spazio in questo racconto dell’arte italiana nel weekend dell’Armory Show. Il lavoro di Samorì è un forte richiamo all’arte Italiana del diciassettesimo secolo: l’artista ricrea nature morte, ritratti e paesaggi secondo lo stile dell’epoca e poi rovina di proposito la superfice dei quadri con tagli, colpi di colore e uso di solventi. L’artista dà così vita ad un processo di negazione delle rappresentazioni classiche e di tematizzazione dei suoi stessi dipinti.
 

Complimenti a Margherita Berloni, che a soli ventisette anni è fondatrice e co-direttrice di EB&Flow. Dopo un master in Art Business presso Sotheby’s, Margherita e il suo attuale socio Nathan Engelbrecht sono scesi in campo e hanno aperto la loro galleria a Londra. EB&Flow si distingue per presentarsi come un centro di promozione di nuovi artisti, ma soprattutto per il tentativo di fornire ai giovani i mezzi e le strutture per poter lavorare e crescere professionalmente. A Volta NY hanno presentato Alinka Echeverrìa, artista di trentuno anni le cui fotografie e video sono un interessante punto d’incontro tra arte e documentario.
 

C’è addirittura chi ha preferito gli ambienti più raccolti di Scope e Independent rispetto ai dispersivi padiglioni dell’Armory Show. Scope ha strategicamente posizionato il padiglione a due isolati dai Piers, portando una grande affluenza di pubblico alle sessanta gallerie invitate. Independent, alla sua terza edizione, ha creato un allestimento del tutto simile a una galleria (non a caso era a Chelsea) riscuotendo molto successo tra coloro che si sono stancati in fretta dei tipici booth delle fiere d’arte. Anche qui le gallerie italiane hanno avuto ottimi riscontri.
 

Alla loro quinta presenza a Scope, Gagliardi Art System ha ricevuto moltissimi complimenti per il lavoro di Ralf Kaspers. La galleria torinese non è solita presentare fotografi “puri”, ma quest’anno ha puntato tutto su questo artista per il quale a Torino hanno allestito una personale. Una fotografia su tutte ha colpito il pubblico newyorkese: “Summerland V”. Di fronte a questa grande opera (formato 200 x 345 cm) lo spettatore rimane quasi disorientato dalla mancanza di riferimenti. Si riconoscono solo delle figure umane immerse in un profondo azzurro. Non è cielo, non è mare, è solo acqua, una grande onda completamente decontestualizzata, quasi bidimensionale, che crea un’atmosfera mistica e onirica.

“Mancavamo negli Stati Uniti dal 2008, a causa della crisi avevamo ritenuto giusto distaccarci per un po’ dal mercato americano. Quest’anno Scope ha fortemente richiesto la nostra presenza, ci ha fatto un’ottima offerta e messo a disposizione il booth all’ingresso del padiglione”, queste le parole di Daniela Barbieri, galleria The Flat – Massimo Carasi (Milano). Daniela ci ha presentato il lavoro di Guido Bagini che, tra gli artisti italiani proposti da The Flat, è forse quello che ha avuto più successo: “Il lavoro di Bagini è particolarmente adatto al mercato americano. Utilizza un’interessante tecnica di smalto lucido su cartone per le sue rappresentazioni di paesaggi e architetture”. Si caratterizza per forte geometria e razionalità, e al tempo stesso ci sono astrazione e richiami a dimensioni surreali. Accanto a lui The Flat espone Greta Frau e Cristiano De Gaetano, confermando l’intento di voler promuovere gli artisti italiani nelle fiere internazionali.

L’unica italiana a Independent è stata Galleria Giò Marconi. Ha presentato un lavoro di Rosa Barba che testimonia la capacità dell’artista italiana di spaziare tra vari media (scultura, video,  installazioni). L’opera presentata a New York appartiene a uno dei filoni di opere più caratteristici di Rosa Barba, vale a dire la composizione di installazioni con l’utilizzo di proiettori, pellicola ed altre attrezzature cinematografiche.

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